L’Emilia- Romagna, noi e la sfida per il futuro

Il muro non è crollato, Stalingrado è ancora salva. Ad occhio e croce, per la sinistra queste elezioni erano diventate il classico dentro-fuori, più simile ad una semifinale di Coppa, utile a salvare la stagione che ad una “semplice” elezione regionale e diciamo che già questo dovrebbe farci riflettere sui disastri combinati ad ogni livello.

La notizia più bella che ci fa guardare con speranza al futuro è certamente il successo clamoroso di Elly Schlein. 22098 preferenze. La più votata. Il dato sorprende per dimensioni, certo, ma chi ha avuto modo di conoscerla personalmente era sicuro di una grande affermazione. Perché diciamolo chiaramente quei voti sono davvero meritati. Nella sua sfida “Coraggiosa” ci sono certamente quei principi che tante e tanti cercano da tempo: la capacità di fare squadra, la freschezza dei contenuti, l’onestà, la capacità, una politica che studia gli argomenti ma è capace al contempo di renderli popolari, la chiarezza e per l’appunto il coraggio di dire le cose come stanno. “Siamo andati bene – ha detto – anche nelle aree di provincia e in Appennino. Non vogliamo fare la sinistra della ztl, perché la sinistra può e deve tornare a parlare a quei territori che si sono sentiti un po’abbandonati». Questa è la chiave di volta per togliere le radici al salvinismo: le periferie, le campagne, le zone interne. Luoghi in cui servizi sono stati depotenziati, in cui i paesi invecchiano, in cui i cittadini spesso si sentono e vengono trattati come persone di Serie B.

Questo modello è replicabile? Sì, certamente sì, a patto che il progetto non sia guidato dalla voglia di accapararsi un seggio, una poltrona, un ruolo in prima fila ( tutto quello che ha ammazzato nella culla Leu), ma sia animato da quei principi di eco-socialismo e di lotta alle disguguaglianze, necessari oggi in Italia. Un soggetto in cui sia presente un vero e profondo cambio generazionale al vertice. Il tema come ha osservato Andrea, non è entrare o no nel Pd, il punto cruciale è la ricostruzione del campo progressista, il superamento delle isole l’una contro l’altra armate dell’arcipelago della sinistra, un grande, paziente, capillare lavoro culturale e politico.

Un’identità chiara, dei punti programmatici netti e riconoscibili, un lavoro lungo e paziente sul territorio. Se qualcosa ho imparato da questi anni di militanza politica è che le persone hanno bisogno di conoscere e riconoscere i candidati ed il loro staff. Di esserci non solamente in campagna elettorale, ma di esserci sempre 365 giorni l’anno. Vogliono che qualcuno si prenda cura dei loro problemi e dei loro sogni.

Un’altra considerazione che sento di condividere riguarda banalmente che le piazze social, senza le piazze reali valgono poco. Questo ce l’hanno ricordato le sardine che hanno semplicemente mobilitato le persone che non ci credevano più, che erano deluse ( giustamente) dalle politiche (sbagliate) di questi anni. La sinistra,tutta, nel decennio passato ha smesso di mobilitare, di essere in piazza, si è chiusa su se stessa. Ha giocato sempre in difesa. Ora no, bisogna tornare ad incontrarsi, a confrontarsi, a trovare punti di incontro, ad ascoltare il mondo reale, ad unire la visione con un solido pragmatismo territoriale. Non possiamo accontentarci solamente di un nobile lavoro culturale.

Naufraga il M5S nella Regione che l’aveva visto nascere: se ripeti per anni che di notte tutti i gatti sono neri, ma poi viene il giorno e si nota la differenza tra un Salvini qualsiasi ed il resto del Mondo, se governi indistintamente sia con il Pd, sia con la Lega, se al al tuo interno hai politici opposti per Dna, se i tuoi Ministri, nella stragrande maggioranza dei casi, sono inadeguati al loro compito, arriva il momento in cui ti sciogli come neve al sole. La campana suona per tutti.

Insomma guardiamo al futuro con un pizzico di speranza in più, ma con la convinzione che un cambio di passo a livello nazionale e sui territori, non sia solo auspicabile ma necessario.

Conte II: tutto o niente

Tutto o niente, opportunità o fallimento, un governo capace di unire o quanto meno riavvicinare due anime nate dalla stessa costola o una baruffa continua di pochi mesi. Questi sono gli opposti scenari del Governo Conte II ed il limite, tra un successo ed una Caporetto, è davvero esile.

Il matrimonio tra Pd e 5 Stelle nasce nel momento in cui i due partiti sono al punto di massima distanza. Nessuno si sarebbe scandalizzato nel 2013, quando l’accordo sembrava il naturale sbocco alla “non vittoria” Bersaniana. Nessuno si sarebbe scandalizzato quando il M5S candidava Rodotà, Prodi e Gino Strada al Quirinale ( solo per dirne alcuni). In 6 anni è successo di tutto ed il contrario di tutto: Letta e l’Enrico Stai Sereno, Renzi, il Partito nazione e il 4 dicembre da una parte, la scatoletta di Tonno, gli streaming, l’opposizione dura e pura, la vittoria alle politiche, l’accordo con Salvini ed il tracollo dall’altra.

Se il lancio della Moneta darà Niente, il risultato lo sappiamo tutti: la Lega sfonda alle prossime elezioni politiche, Salvini e La Meloni eleggeranno il Presidente della Repubblica e ci saranno cenere e macerie nei dem, nei 5 stelle e anche a sinistra del Pd, incapace di organizzarsi decentemente in questi anni. Fine della partita. Game, set, match per la Lega e i sovranisti ed in questo caso la toppa sarà stata peggiore del buco.

Se il lancio della Moneta darà tutto, beh, inizia una nuova storia che ipoteticamente potrebbe e dovrebbe portare ad alcuni interessanti scenari, su tutti la responsabilizzazione del Movimento ed una riconnessione sentimentale con alcuni pezzi di elettorato persi per sempre nella boria e nell’immobilismo di questi anni dalle parti del Nazareno. Raramente si avrà la possibilità in Italia di un Governo che potrebbe agire con coraggio sul welfare, sui diritti sociali e civili, sulla riconversione ecologica dei sistemi di produzione e della società, sulla valorizzazione dei beni comuni, sulla centralità di un sistema di welfare pubblico e la ricostruzione di un rapporto costruttivo con le parti sociali. Pensiamoci ma soprattutto ricordiamo, a chi sta nella cabina di regia, di non sprecare questa insperata e probabilmente ultima occasione.

Come iniziare dunque a riempire questo vuoto attuale? Evitando di riproporre i dirigenti che nei governi Renzi/Gentiloni non ne hanno beccata una neanche per sbaglio ed i Ministri del Conte 1, costruendo un Governo in cui le donne siano presenti e protagoniste (ma non per riempire una casella ma per dimostrare che si ha un’idea completamente diversa di società e quindi di politica), scegliendo in base alla competenza, al merito e non alle correnti, riconoscendo la disumanità dei decreti sicurezza 1 e 2, lavorando sul cuneo fiscale delle aziende, ragionando sui grandi temi dell’automazione industriale, mettendo in sicurezza il territorio italiano, indiscutibilmente europeista nel senso autentico del termine.

Insomma abbiamo bisogno di un Governo che non prometta l’assurdo, che sia meno spaccone e più umile, che faccia delle cose semplici e per bene, mostrando rispetto per le Istituzioni e agendo seguendo i principi della nostra Carta Costituzionale. Chiedo troppo?

L’urgenza di un’alternativa


Le immagini del Ministro on the beach rimbalzano ovunque sulla nostra rete, ci indignano e seguono il corso di tanti altri piccoli e grandi show da baraccone, tirati su ad arte per non affrontare i problemi reali. Fumo negli occhi. 
Scimmiottare Salvini su questa/e cose, però, nonostante il nostro sdegno non ci salverà: non smuoverà un consenso che sia uno.
Tra un insulto e una sagra, Salvini comunicativamente non vuole apparire come un Ministro della Repubblica, non vuole farlo, non ha idea di farlo. Vuole apparire il più “comune” possibile, parlando un gergo che si muove tra il razzista ed il trash. 
Quindi che fare? Abbiamo bisogno di costruire una proposta alternativa, chiara, popolare ma non populistica, capace di spiegare e di far capire che da un anno e mezzo a questa parte abbiamo visto solo propaganda.
Abbiamo bisogno di capire ( se non l’abbiamo ancora capito) che così non va, che nessuno è autosufficiente, che nessuno può permettersi di alzare bandiere e bandierine ed uscire dall’autoreferenzialità. Abbiamo bisogno di rimettere in discussione tutto, per alzare al più presto, almeno, un muro di contenimento. La gara a dire io l’avevo detto/ io l’avevo fatto, in questo particolare momento storico, vale quanto essere ricco a Monopoli. 
Dettare un’agenda, avere una visione e lavorare nelle città, sui territori, nei quartieri. Prendersi pure qualche insulto nei mercati o davanti qualche call center, ma esserci. 
Lo stato liquido o gassoso o semi liquido dei vari partiti è più o meno omeopatico. Una cerbottana vs un carro armato.
Essere pratici, partire da un piccolo risultato per arrivare a un risultato più grande e complesso. Essere coerenti e credibili. 
Insomma per avere un consenso elettorale, bisogna prima di tutto stare nella società, far maturare le nostre idee in essa, parlare anche a quel pezzo di Paese che sembra irrimediabilmente perso. 
Per me si parte da due punti fissi: ecologia e socialismo. Non può esistere una una società umana capace di sostenibilità nel tempo, se non è una società giusta, con un forte livello di consapevolezza, istruzione, partecipazione.