Diez: l’Atlante dei Numeri 10

Copertina Diez - L'Atlante dei Numeri 10

Diez: l’Atlante dei Numeri 10 scritto da Umberto Zimarri e edito da Urbone Publishing – è un giro del mondo attraverso gli artisti del Pallone. Grazie alle vicende di calciatori dotati del più magico dei poteri, la fantasia, in un viaggio che tocca i cinque continenti, si raccontano goal e assist, povertà e rivoluzioni, passaggi e paesaggi, imprese e fallimenti, rivalità infinite e amicizie fraterne, storie personali e collettive. Ci sono solamente due semplici regole: un dieci per nazione e nessun giocatore in attività.

Non è una selezione dei giocatori più forti che hanno calcato gli stadi più famosi del mondo giocando con questo numero sulle spalle. Non è questo l’obiettivo. La domanda che bisogna porsi leggendo queste pagine è un’altra. Quante cose si possono raccontare attraverso il calcio e, nel caso specifico, grazie ai numeri 10?  Così, la classe di questi campioni diventa una sorta di lente di ingrandimento per far riaffiorare i ricordi sportivi, per farci riflettere sulla dimensione umana dell’atleta e sulle sue fragilità ma anche per contestualizzare le biografie personali con vicende storiche e sociali. La risultante di questi diversi fattori cambia da profilo a profilo. Si smontano false verità. Emergono in superficie vicende che con uno sguardo veloce e superficiale non sarebbero state colte. Si trovano le ragioni profonde di rivalità secolari o le origini di gesti tecnici.

Questo viaggio, denso di realismo magico, è alimentato dalla fantasia e dalla passione. Il numero 10, si sa, è il giocatore capace di riscaldare anche i cuori più freddi grazie al suo modo di toccare il pallone. Un modo prima di tutto di essere. Dieci lo si è prima di tutto nel Dna. “El Diez” manifesta sul campo il suo modo di essere e la sua visione del mondo. La passione è, invece, l’ingrediente che porta il gioco in un’altra dimensione e lo rende un concentrato delle emozioni e dei sentimenti che mantengono un uomo realmente vivo: amore, speranza, rabbia, gioia, dolore, allegria, odio.  Tutto in 90 minuti. Uno specchio che riflette ed amplifica il buono, il bello, il brutto e il cattivo. Una cartina tornasole.

DOVE E’ POSSIBILE ACQUISTARE IL LIBRO?

AMAZON

URBONE PUBLISHING

CONTATTATANDO L’AUTORE

I Protagonisti di “Diez: L’Atlante dei numeri 10”

Vincenzo Scifo, Hristo Stoichkov, Michael Laudrup, Zinedine Zidane, Lothar Matthaus, Paul Gascoigne, Roberto Baggio, Dejan Savicevic, Johan Cruijff, Manuel Rui Costa, Eduard Streltsov, Luisito Suarez, Juan Roman Riquelme, Victor Agustin Ugarte, Zico, Jorge Valdivia, Juan Alberto Schiaffino, Lakhdar Belloumi, Jay-Jay Okocha, Harry Kewell e Hidetoshi Nakata. Questi i protagonisti del racconto. In Appendice, Pelè e Maradona perché loro appartengono ad un mondo a parte. Una sorta di empireo platonico.

I contributi introduttivi sono stati realizzati da due giganti del giornalismo sportivo italiano: Riccardo Cucchi e Carlo Pizzigoni. Sempre in apertura, un omaggio al mai dimenticato Fabio Zonfrilli, coetaneo dell’autore, suo compagno di squadra e di scuola, tragicamente scomparso a causa di un’incidente stradale. Eternamente, il numero 10 della provincia di Frosinone.

Il percorso, che resta sempre la maggiore ricompensa, ci sottolinea marcatamente ed in maniera evidente, la lezione più importante: la necessità del diritto di sognare. Quello che per Eduardo Galeano era il diritto capace di far morire di sete tutti gli altri.  Lo si può fare tramite lo sport che non è un mondo a parte ma una parte significativa del mondo.

Le bugie del governo: un Bluff che sta riuscendo male

La verità è che le bugie del governo non riescono a coprire un bluff che sta riuscendo particolarmente male. Mancava il grande classico. La riforma istituzionale. L’unica grande certezza quando le promesse elettorali si scontrano con la dura realtà dei fatti. L’operazione nel corso di questi anni è stata ribattezzata in diversi modi. La Premier, nel suo stile, l’ha sparata grossa: la madre di tutte le riforme. Non sappiamo se la riforma prenderà anche gli appellativi di donna e cristiana. Come ha prontamente sottolineato il Professor Andrea Pertici, “è una riforma che unisce i flop di Berlusconi e Renzi. Non si capisce bene cosa sia. Perché se fosse presidenzialismo si potrebbero muovere delle critiche almeno capendo di cosa si parla. Qui si va verso l’elezione diretta del Premier. Non so come lo chiameranno ma è certamente un modello inesistente sia nella teoria, sia nella pratica.”

Così, mentre i rappresentanti del Governo hanno blaterato, un giorno sì e un giorno pure, sulle questioni della natalità in maniera medievale più che ottocentesca, aumentavano l’iva per latte, pannolini e altri beni di prima necessità. Parti da incendiario dicendo di voler fare la guerra alle banche e ai poteri forti (cit) finisci per farla al latte in polvere.

Il famigerato taglio del cuneo fiscale, inoltre, non è una misura strutturale (come doveroso) ma risulta fragile e temporanea. Un anno e pensate un po’ la misura si alimenta con le accise sui tabacchi.

La beffa è doppiamente amara e dietro l’angolo per i residenti nel Lazio. La Giunta di centro-destra destra (la ripetizione non è un errore) ha appena approvato una manovra regionale dall’effetto esattamente che colpisce il ceto medio. Lo scorso anno, l’amministrazione Zingaretti aveva approvato uno sconto sull’addizionale Irpef dal 3,33% all’1,73% per i redditi tra 15mila e 35mila euro. Rocca non è stato capace di trovare i 300 milioni necessari per rifinanziare la misura. Il risultato è particolarmente beffardo per chi dichiara più di 32mila euro, in quanto vedrà il proprio stipendio diminuire anziché aumentare.

Le chiamavano misure contro l’inflazione.

A proposito di promesse mancate, è sintomatico quanto accaduto sulle pensioni. Strali social e invettive contro la Fornero per un decennio per poi tagliare le pensioni ai dipendenti pubblici, ristringendo i requisiti per uscire dal mondo del lavoro, in particolar modo per le donne.

Chiude il quadro terrificante il taglio alla sanità pubblica. Le stesse regioni governate dal centro-destra chiedono almeno il 7.5% del Pil.  L’emergenza Covid) non ci ha insegnato nulla: si osteggia la sanità di prossimità. Si colpisce in maniera scientifica il pubblico per avvantaggiare il privato. Escludendo dalle cure milioni di persone, meno abbienti, alle prese con tempi e liste di attesa kilometriche.

Questi sono i veri motivi del rilancio del tema istituzionale: metterla in “caciara” nascondendo la polvere delle mancanze sotto il tappetto magari continuando addossando le responsabilità agli ultimi, magari continuando a realizzare accordi disumani nel globo terracqueo.

PD Frosinone: la nascita di una nuova rete

Il miglior risultato per la lista “Leodori a Sinistra” è quello della Provincia di Frosinone. Saranno ben cinque, infatti, i nostri rappresentanti in Assemblea Regionale: Valentina Adiutori, Maurizio Bondatti, Stefania Timi, Cristian Scarfagna, Patrizio Abatecola. Vinciamo in quindici comuni, tra cui citando i maggiori, Cassino, Ferentino, Anagni, Pontecorvo e Paliano. Per molti osservatori disattenti questo dato potrebbe rappresentare una sorpresa, per noi, invece, è una conferma perché eravamo perfettamente consapevoli del valore delle candidate e dei candidati, così come conosciamo il valore della nostra rete, fatta di persone che si adoperano quotidianamente, con la testa e con il cuore, per risolvere i problemi dei cittadini del territorio.

Facciamo gli auguri di buon lavoro al neo segretario regionale Daniele Leodori che avrà il compito di guidare il Partito Democratico nella Regione Lazio. Siamo certi che lo svolgerà con saggezza e capacità, rilanciando la comunità democratica.

Ringraziamo, ovviamente, gli oltre 3700 elettori che ci hanno concesso, recandosi ai gazebo, la loro fiducia. Un enorme grazie va ai volontari che in una calda domenica di giugno hanno permesso lo svolgimento di questa giornata di democrazia. Un sincero abbraccio lo rivolgiamo a tutti i candidati/e della lista che con coraggio, umiltà, generosità e passione hanno accettato a viso aperto questa sfida, rappresentando nel concreto l’idea politica che ha animato questo progetto: essere il motore del rinnovamento del Partito, lavorare per dare risposte concrete sulle tematiche che incidono sulla vita delle persone, far emergere con nettezza un profilo alternativo alla destra in tutte le sue forme, civica e partitica, rappresentare circoli che in questi anni si sono sentiti completamente esclusi dalle decisioni.

Il Partito Democratico deve essere capace di valorizzare le differenze, di sviluppare una dialettica interna non rivolta allo scontro di potere ma alla costruzione politica e programmatica. Per raggiungere questo obiettivo, però, il Pd deve essere uno spazio politico in cui ogni tesserato si sente a casa propria e non ospite, semplicemente perché non esiste alcun padrone di casa.

Ora, abbiamo una priorità: non disperdere questo patrimonio politico e umano che abbiamo costruito nelle primarie nazionali e regionali. Da questa base dobbiamo partire per fare azione politica, mettendo a terra progetti ed idee, dal nord al sud della provincia. Per questo motivo definiremo nelle prossime settimane un incontro in cui inviteremo tutte le protagoniste e i protagonisti di queste avventure per progettare insieme il futuro.

Leodori a Sinistra – Provincia di Frosinone

Lista Leodori a Sinistra

Un progetto collettivo e plurale, dove il noi viene sempre prima dell’io, dove non c’è un capolista ma 16 candidati con uguali possibilità che rappresentano sensibilità e territori diversi. Questo è lo spirito che anima la lista “Leodori a Sinistra” nella Provincia di Frosinone

Dopo la significativa esperienza del Comitato S.T.A.R.T (Sinistra, Territorio, Ambiente, Radicalità, Trasformazione), cuore pulsante della campagna per la segreteria nazionale, continuiamo il nostro percorso di costruzione politica, mantenendo fede agli impegni presi, proseguendo con coerenza sulla strada indicata dalla nuova segretaria, Elly Schlein.

Considerare questo congresso un punto di arrivo per l’ennesima conta interna al partito, a livello locale e regionale, non ci interessa. Ci siamo impegnati per dare voce agli iscritti, nuovi e storici, che ci guardano di nuovo con speranza e fiducia, per organizzare un partito aperto ed inclusivo capace di dialogare con cittadini, amministratori, sindacati ed imprese, per riavvicinare i tanti e le tante che sono rimasti profondamente delusi dalle politiche e dai metodi che hanno caratterizzato il recente passato, per ribadire con fermezza la necessità di una svolta programmatica che abbia come priorità Lavoro, Ambiente e Territorio, proprio quelle parole evidenziate nel simbolo della lista.

Riteniamo, inoltre, fondamentale per l’essenza e la natura stessa del Partito, che contiene anime, idee, personalità diverse tra loro, la presenza di una voce alternativa utile ad alimentare una sana e costruttiva dialettica in grado di ripopolare e rianimare i luoghi di discussione e di elaborazione politica. Così facendo potrà rinascere un’identità chiara, netta e senza ambiguità nella quale riconoscersi con orgoglio e appartenenza.

Per sconfiggere le destre, nella Regione Lazio e nel Paese, necessitiamo di uno sforzo di umiltà e coraggio. Umiltà per analizzare come e dove abbiamo sbagliato, coraggio per ribaltare completamente vecchi schemi di potere che hanno impantanato il Partito Democratico.

Permetteteci, infine, di ringraziare le candidate e i candidati che hanno accettato con entusiasmo e voglia di fare questa sfida.

Vi aspettiamo ai gazebo e nei circoli, domenica 18 giugno dalle ore 8:00 alle 20:00 per ribadire la necessità di un cambiamento anche in Provincia di Frosinone

Danilo Grossi – Direzione Nazionale del Pd

Emanuela Piroli – Assemblea Nazionale del PD

Umberto Zimarri – Assemblea Nazionale del Pd

Nazzareno Pilozzi – Assemblea Nazionale del Pd

25 Aprile: la nostra storia

Quando la Professoressa di Storia, al Liceo, ci ha spiegato la Resistenza ha insistito su un punto: la pluralità delle anime dei partigiani e partigiane: comunisti, socialisti, cattolici, azionisti e liberali.

In quel frangente, in tutta onestà, non riuscivo a comprendere perché fosse così cruciale quell’aspetto. Quando hai 18 anni, vedi tutto senza compromessi e solitamente si intende il mondo senza sfumature. Da una parte i nazifascisti. Dall’altra noi. Nel senso delle persone democratiche. Perché alla fine concentrarsi su quelle che sembravano sfumature?

Con il passare degli anni ho capito perfettamente la motivazione e non posso che ringraziarla di quella lezione. Una delle caratteristiche del movimento di Liberazione italiano era proprio quello: la pluralità. Persone con diverse idee di che si univano, rischiando la vita, per consegnare alle future generazioni un’Italia democratica e antifascista. Il 25 Aprile, dunque, è la data in cui gli italiani che credono nei valori della carta costituzionale si riconoscono e festeggiano. Festeggiano la fine della dittatura e la bellezza della libertà.

Oggi molti di quelli che ci governano e hanno giurato su una costituzione antifascista ritengono invece che questa sia una festa divisiva. Si Blatera di pacificazione, perché in fondo in fondo si immagina un nuovo modello istituzionale e si prova a riscrivere la verità sul passato, mischiando in maniera meschina storia e memoria.

Come ha ricordato una bella ed efficace campagna dell’Arci, in collaborazione con Testi Manifesti, il 25 Aprile è divisivo se sei fascista, se sei razzista, se sei revisionista, sei indifferente. Se non ti riconosci insomma nei valori della Nostra Repubblica. Non c’è molto altro da aggiungere.

Resistere in questi tempi non è solo un dovere ma una necessità, perché come tante/tanti nel passato ci hanno detto, nessuna conquista è per sempre perché ci sarà qualcuno pronto a togliercela.

L’altro aspetto davvero emozionante quando penso a questa giornata è che il riscatto della nostra nazione sia nato dalle persone comuni e giovanissime. Donne e uomini che avevano poco altro, se non la vita e la dignità, hanno ridato l’orgoglio alla nostra patria, dopo anni di vergogna e torture,  loro sì da veri patrioti,  scegliendo volontariamente da che parte stare.

Combatterono per la libertà di tutti, per quelli che erano con loro e per quelli che erano contro. Oggi è al potere c’è chi non riesce a riconoscere il valore di quel sacrificio fisico e morale. Chiedevano solo una cosa alle future generazioni: mantenete saldi quei valori per i quali noi stiamo andando a morire.  Tenere viva, luminosa, grande e bella l’idea. “E vorrei che quei nostri pensieri/quelle nostre speranze di allora/rivivessero in quel che tu speri”

Questa giornata non sarà mai morta, perché non parliamo di retorica e di pensieri vuoti. Ieri, oggi e domani sono legati ed il legame  sono proprio le nostre azioni quotidiane. Festeggiare il 25 Aprile non sarà mai vano: sarà sempre il nostro modo per schierarci contro le ingiustizie, contro le dittature, contro i fascismi vecchi e nuovi, per la pace e la dignità delle persone.

Per Elly Schlein: una nuova storia per cambiare il Paese

BREVE PREMESSA PERSONALE

Dopo pochi mesi dalla bella, importante e prestigiosa candidatura delle elezioni europee, decisi di non rinnovare la tessera del mio partito. Sembra ieri, ma sono passati quasi quattro anni. In questi mi sono messo di lato dalla politica partitica: deluso da quello che dovrebbe essere il “mio campo”, annoiato da un’inconcludenza esistenziale e arrabbiato verso logiche tafazziane, irrazionali e personalistiche. Non sono stato il solo, visto il messaggio sempre più chiaro delle elettrici e degli elettori.

Nella mia breve esperienza, ho sempre visto la politica non come un lavoro ma come passione e servizio. Certo, costa fatica ma è l’unico modo che ho d’intenderla. In questi anni, seduto in riva al fosso, non sono stato con le mani in mano, con alcuni amici ed amiche, ho cercato di imparare e di formarmi, di riflettere sempre su quello che avveniva in Italia e nel mondo, di approfondire su tante tematiche specialmente ambientali. Insomma, si possono fare tante cose interessanti al di fuori della politica amministrativa, al di fuori di quella partitica magari con le associazioni, collaborando con le realtà sociali e sportive o semplicemente discutendo con gli amici davanti ad una birra. Si può migliorare il proprio pezzo di mondo, in tanti modi, ricordando sempre la lezione di ZeroCalcare, siamo soltanto fili d’erba in un prato, non il centro del mondo.

Allo stesso tempo e con la stessa convinzione, per chi vive la politica con quella passione di cui sopra, non ci si può tirare indietro quando qualcuno che ha capacità, coraggio, visione e di cui si fida, getta il cuore oltre l’ostacolo creando una mobilitazione collettiva per provare, a cambiare le cose per davvero. Utopistica o concreta, in quel caso con la stessa serena determinazione bisogna dare una mano. Io, proprio, non me la sentivo di non contribuire alla sfida congressuale lanciata da Elly Schlein. Una sfida plurale che può ridare, voce, fiato e speranza alla sinistra nel nostro Paese. In questi casi, almeno per me e specialmente in questo periodo, non si prescinde dalla parola ricominciare.

Dai problemi alle soluzioni

Non ho mai lesinato critiche alla gestione del Partito Democratico: nazionale, soprattutto nella gestione renziana, locale soprattutto per i problemi di natura ambientale. Allo stesso tempo, ne ho sempre riconosciuto il ruolo baricentrico nel centrosinistra italiano. Il problema del Partito, però, non sono le mie di critiche, sono le considerazioni di milioni di italiane/i che li hanno voltato le spalle. L’ultima volta che il PD ha vinto le elezioni, io non votavo e di anni ne ho 33. In questi anni, però, è stato identificato come il partito del potere. Una stagione di larghe ed infinite intese che ne hanno snaturato l’anima perché come stiamo vedendo in questi giorni la destra quando va al potere fa la destra, la sinistra quando governa, troppo spesso, balbetta timida e titubante. Chi vuole rappresentare oggi il Pd e di quali istanze vuole farsi carico? Come vuole farlo? Sono le due domande cruciali. La risposta che la “mozione Schlein” dà è chiara, trasparente e netta. Mette un punto alla stagione del “ma anche” per aprire un nuovo percorso collettivo che parte da noi.

La visione del futuro si fonda su tre sfide cruciali e intrecciate che le destre non nominano mai: disuguaglianze, clima e precarietà. Da questi tre enormi temi, collegati tra loro, deve ripartire un nuovo manifesto politico, ideale, culturale e popolare.

La concentrazione della ricchezza in pochissime mani, il caro vita che sta erodendo il potere d’acquisto del ceto medio e affamando, nel vero senso del termine, le persone più in difficoltà, la povertà energetica, un salario minimo che possa permettere a tutte/i una retribuzione dignitosa, lo stop agli stage gratuiti, la cura del territorio, una seria lotta all’evasione fiscale, la cura del territorio, il welfare come investimento e non come spesa, l’attenzione ai divari territoriali interni al nostro Paese sud/nord, aree urbane/aree interne, una sanità pubblica efficiente e potenziata, un’istruzione pubblica basata sull’uguaglianza e non sul merito, il pieno riconoscimento dei diritti al di là del proprio orientamento sessuale, l’accoglienza come diritto, sono solo alcuni dei temi a cui la destra o dà risposte sbagliate o come dice il suo slogan preferito, “se ne frega”.

Parte da Noi – un percorso collettivo

Se non sarà un noi collettivo ad alimentare nel dibattito pubblico queste priorità, resteranno negli occhi e nella mente delle persone, gli slogan vuoti creati per finte emergenze che con disumanità, però, colpiscono duramente i più deboli.

Se non ci sarà un nuovo modo di intendere gli iscritti e i votanti della comunità democratica, chiamati solamente per montare/smontare i gazebo o per alimentare le campagne elettorali ma quasi mai per discutere ed elaborare una discussione politica, sfruttando anche le possibilità della rete, difficilmente ci sarà un futuro.

Se non si interverrà per azzerare il potere dei capibastone, ad ogni latitudine, nessun giovane si avvicinerà ad una sezione, perché la prima domanda che gli sarà posta non sarà cosa pensi, ma chi ti manda.

Nelle pagine della mozione che allego alla fine di questo articolo, ho trovato risposte concrete a queste priorità. Tutto questo non mi sorprende, però, perché conosco Elly da quasi un decennio ed ho avuto modo di apprezzare sia la sua capacità politica, sia le sue doti umane.

Come ho già avuto modo di scrivere :Elly Schlein ha le energie e le capacità per essere quella risorsa che può ricreare un senso di comunità in tutta la sinistra, per fare sentire tutti a casa. E farlo dal partito da cui ci si aspetta un ruolo guida che con lei può essere finalmente fraterno e non più paterno, se non addirittura padronale. È il momento di uscire da una linea difensiva, in cui ci si preoccupa di arginare lo slittamento al centro del partito, e di essere radicali nelle proposte. Una politica che deve essere umana e concreta, capace di tenere insieme le istanze popolari e una sfida di visione verso le complessità del futuro.  Non c’è più nulla da difendere ma tutto da (ri)conquistare con la tenacia della ragione e la forza delle idee, della trasparenza e della coerenza. Un progetto che può tornare ad entusiasmare tanti, anche chi come noi in questi anni era un po’ di lato perché senza una casa che avesse visioni, progetti e prassi che condividevamo.

Il 26 febbraio si vota per sostenere un pensiero che non dimenticando la sua storia e le sue radici, sa essere rivolto alle sfide del presente e soprattutto del futuro.

Clicca qui per iscriverti al comitato S.T.A.R.T della provincia di Frosinone

Clicca qui per seguire la pagina Facebook e la pagina Instagram

Alla scoperta del plogging.. con Roberto Cavallo

Sport e sostenibilità

E’ il plogging l’argomento della seconda puntata, della seconda stagione, di EcoSportivamente, il podcast dedicato alle tematiche di sport e sostenibilità ambientale.

Prima di tutto permettetemi di ringraziare tutte le nostre ascoltatrici e tutti i nostri ascoltatori per gli ascolti della prima puntata: siete stati davvero numerosissimi. A Emmanuele Macaluso, ribattezzato l’atleta più green di Italia, succede un vero e proprio guru dell’ambientalismo italiano: Roberto Cavallo. 

Roberto Cavallo è un agronomo e un saggista italiano. Fondatore della Cooperativa Sociale Erica, nel 1996, una delle prime realtà ad occuparsi di rifiuti. Ha avuto importanti incarichi a livello istituzionale, anche di caratura internazionale, ma partecipa al podcast come il padre di una nuova disciplina sportiva: il plogging.

Plogging: come unire il jogging e la raccolta dei rifiuti

Letteralmente il termine plogging deriva dallo svedese “ plocka upp” che significa raccogliere e dalla parola più famosa Jogging. In pratica si raccolgono i rifiuti che purtroppo sono presenti mentre si fa Jogging. Roberto Cavallo con dovizia di particolari ci accompagna nell’approfondimento dell’attività sportiva: com’è nata, come sono organizzati i mondiali, quali territori si stanno avvicinando di più a questo nuovo sport ed infine cosa si aspetta nel futuro per la sua creazione.

Politica: Identità, rappresentanza, territorio

Cosa ci potrebbe essere dopo la peggior sconfitta della storia Repubblicana del centro-sinistra in Italia? La peggior sconfitta della Storia Repubblicana con il maggior astensionismo di sempre nelle elezioni politiche. La sintesi brutale degli ultimi 5 anni sta tutta qui. Il 4 marzo 2018 apre la parentesi. Il 25 settembre 2022 (forse) la chiude.

Agli errori dei cinque anni precedenti, quelli del renzismo rampante, per darci un’idea, si sussegue una legislatura in cui si riesce a fare persino peggio. Dove ci sono le idee, non c’è uno straccio di organizzazione. Dove ci sarebbe il partito, si parla solamente di come gestire il potere. Quando si incontra qualche persona di buona volontà si trova il modo per ostacolarla. Carte mischiate ogni tre per due. Alleanze variabili. Porte girevoli. Colpi di scena come in una soap sudamericana.

Al di là di questi problemi che per carità già rappresentano una questione non di poco conto, la sonora sconfitta deve portare tutte/i ad interrogarsi sulle questioni alla radice dell’agire politico: l’identità, rappresentanza e legame con il territorio. Se non è chiaro cosa vogliamo e chi vogliamo rappresentare la politica diventa un club di persone intente a raccontarsi storie e pensieri, a volte interessanti, a volte molto noiosi, tra loro. Il territorio banalmente deve essere il luogo di atterraggio dell’elaborazione politica ma anche il mezzo per il quale si raccolgono nuove sfide. Il campo della sfida non un orpello del novecento.

La risposta che è arrivata dal campo progressista è stata timida, vaga, difficilmente comunicabile ma soprattutto incapace di cogliere la realtà quotidiana. L’Italia è un Paese che da più di tre elezioni evidenzia un malcontento crescente verso chi ha responsabilità di Governo e in questi anni al Governo c’è stato quasi sempre il Partito Democratico. L’omologazione davanti all’incapacità di risolvere le problematiche ha generato rabbia e disillusione ma la responsabilità verso il Paese non vuol dire annullare le differenze politiche o essere garanti dello status quo, perché poi alla fine non c’è più nulla da difendere.

E’ un paese, il nostro, in cui in molte periferie delle città non si hanno i servizi essenziali, in cui le aree interne sono abbandonate al loro destino, in cui tante persone fanno davvero fatica ad andare avanti. Soprattutto al Sud. I risultati elettorali rispecchiano questa cartina.

Ognuno in questa parte di campo ha le proprie responsabilità, proporzionalmente al ruolo e alla capacità di incidere, ma per tutte e tutti deve cambiare l’approccio ai problemi delle cittadine e cittadini. Basta nicchie chiuse e comode, per parlare solo di ciò che più ci piace. I partiti in questi anni non hanno più cercato iscritti ma follower, dimenticando che i social sono un mezzo utile, se si sanno usare, ma non il fine. La sconfitta può essere una buona insegnante ma bisogna avere l’umiltà di voler apprendere. Sui temi economici, a mio avviso, la destra non avrà la forza e la volontà per toccare granché. Sui temi civili e ambientali bisognerà vigilare e mobilitarsi se sarà necessario.

La campana è suonata per tutte/i. Rifondare. Trovare altre strade, altri percorsi, altri modi di coinvolgere e rappresentare. Al Pd non basterà un semplice congresso per aggiustare il tiro o per trovare un altro segretario sacrificale. A Sinistra Italiana – Verdi non può banalmente bastare questo risultato. Il Movimento Cinque Stelle dovrà dimostrare con i fatti e nel tempo la sua posizione laburista e sociale. Altrimenti, come in un film circolare ci ritroveremo tra 5 anni in una situazione simile o leggermente peggiore di quella di oggi. Il percorso lo conosciamo.

EcoSportivamente, II stagione: l’intervista a Emmanuele Macaluso

Sport e sostenibilità

“Diventa il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” è una celebre citazione di Gandhi. L’ho scelta per aprire la seconda stagione del nostro podcast “EcoSportivamente”, il primo ed unico podcast esclusivamente dedicato allo sport e alla sostenibilità ambientale. Non so se ce ne siamo davvero resi conto ma quest’estate ci ha spiegato in maniera chiara ed inequivocabile verso a quale futuro andiamo incontro. L’emergenza climatica è adesso e adesso dovremmo trovare le risposte. Anzi, in realtà, già le avremmo dovute avere delle risposte. Parto proprio dal concetto di “azioni” per introdurre il nostro ospite. Lui quello che ci suggeriva Gandhi l’ha messo in pratica: Emmanuele Macaluso è da tutti definito l’atleta più green d’Italia, grazie al suo ambizioso progetto EM314.

E’ prima di tutto un grande professionista dello sport: negli anni 90 si destreggia nell’atletica leggera mentre nei giorni nostri è protagonista indiscusso del cross country. Ma non è solo uno sportivo, è anche un divulgatore scientifico ed un esperto di marketing, tant’è che dieci anni fa ha pensato, prima, e scritto, poi, il manifesto del marketing etico. Ritiene che la fatica sia l’anima dello sport e che un’atleta, più di chiunque altro, possa essere di ispirazione per tutti, in particolare per i più giovani perché un’atleta, per definizione, è un insieme di valori.

Clicca qui per riascoltare le interviste della prima stagione del podcast.

Emmanuele Macaluso ad EcoSportivamente

Emmanuele Macaluso è un esperto di marketing e comunicazione, speaker, docente e saggista. Ha operato in contesti professionali complessi, anche internazionali, alternando l’attività operativa a quella di formatore e autore di articoli e saggi. È l’autore del Manifesto del Marketing Etico.  Tra i vari e prestigiosi riconoscimenti segnaliamo:

La Targa d’argento della Presidenza della Repubblica Italiana: conferita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al “Comitato Giù le Mani dai Bambini Onlus” nel periodo di coordinamento della segreteria nazionale (Novembre 2008)

– L’ Interstellars International Award categoria Global Impact: premio internazionale conferito nel corso del NASA Space Apps Challenge di Brescia (Ottobre 2019)

Clicca qui per ascoltare su Spotify

Rifiuti a Roma e nel Lazio: Mo ve lo buco… l’inceneritore

Dopo l’ennesimo incendio ad un impianto di trattamento di rifiuti Romano, il Sindaco della città eterna, Gualtieri, ha partecipato ad un incontro con i 30 primi cittadini del Basso Lazio per scongiurare l’arrivo di nuovi rifiuti dalla capitale.

Apro parentesi. E’ bene ricordare che sono passati, ormai, quasi 10 anni dall’arrivo dell’immondizia romana all’impianto di TMB di Colfelice. In questi anni le diverse governance dell’impianto hanno sempre avallato questa decisione, dichiarando a più riprese che senza l’arrivo di quei rifiuti, l’impianto sarebbe andato in difficoltà economiche-gestionali. Linea indirettamente avallata anche dalla maggioranza dei 91 sindaci locali che hanno confermato questa strategia, votando e confermando il gruppo dirigente. Della famosa “fabbrica dei materiali” che ha riempito pagine e pagine di giornali, ovviamente, ancora non si vede neanche l’ombra. Chiusa parentesi.

Al netto di tutto questo, la riunione è sicuramente un fatto positivo. Cambia, finalmente, l’atteggiamento dell’amministrazione capitolina che ha preso atto dello storico problema dei rifiuti della Capitale gestiti nelle province. Si è passati dalla negazione del problema della giunta Raggi, almeno all’apertura di un confronto. Già questo per come si sono sviluppate negli anni queste vicende rappresenta un importante passo in avanti. Speriamo non sia l’unico.

Accolgo con meno giubilo, invece, la strategia messa in campo per la risoluzione del problema: la costruzione di un mega inceneritore nel 2022, non può mai essere la giusta soluzione. Non lo è nella nostra provincia, non lo sarà a Roma.

L’incenerimento e il modello Danese

Nel 2008, la direttiva della unione europea 2008/98/CE, ripresa e rafforzato dalla direttiva del 2018, ha sancito la seguente gerarchia nel trattamento dei rifiuti:

  1. prevenzione
  2. preparazione per il riutilizzo
  3. riciclaggio
  4. recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia
  5. smaltimento

La ratio dietro queste scelte è estremamente semplice: al primo posto deve esserci la prevenzione, ovvero generare il minor numero di rifiuti possibili. Solo al quarto posto vi è il recupero di energia, tramite incenerimento.

Quando si parla di inceneritori, complice una campagna di stampa imponente, tutti pensano all’inceneritore di Copenhagen e al famoso modello danese. Non vorrei provocare scompensi o gettare fango sugli idoli di nessuno, ma quel momento attualmente è in crisi.

Il ministro della transizione ecologica danese, Dan Jorgensen, ha dichiarato:

“Stiamo avviando una transizione molto verde nel settore dei rifiuti. Per 15 anni non siamo riusciti a risolvere il dilemma dell’incenerimento dei rifiuti ”. “È ora di smettere di importare rifiuti di plastica dall’estero per riempire gli inceneritori vuoti e bruciarli a scapito del clima. Con questo accordo, aumenteremo il riciclo e ridurremo la combustione”. La questione dovrebbe esulare dalla appartenenza politica, non è di centro di destra o di sinistra, ma un banale riconoscimento tecnico di quali approcci funzionino e quali no.

Il piano prevede la riduzione del 30% degli inceneritori. Il motivo è presto detto: la Danimarca avallando questa scelta è il paese europeo con la più alta media di rifiuti pro capite 850 Kg pro-capite mentre la media europea si attesta a 500 Kg pro- capite. Tutto questo cosa significa? Scegliere questa strada deresponsabilizza il cittadino di fronte alla riduzione del rifiuto. L’altra criticità riguarda le emissioni: la commissione ambiente del Parlamento Europeo ha votato l’inserimento dei termovalorizzatori tra quelli impianti che dovranno acquisire crediti di carbonio. Tradotto: ci sarebbe un aumento importante dei costi di gestione che ricadrebbe sulla collettività.

Infine è bene chiarire che il Termovalorizzatore non esclude la discarica. Tutt’altro. E’ stimato infatti che un impianto di 600.000 tonnellate produca circa 120.000 tonnellate di ceneri. Dove andranno queste ceneri? Nelle discariche. Lo sappiamo benissimo anche dalle nostre parti vista la presenza della discarica di Roccasecca e dell’impianto di incenerimento di San Vittore.

Rifiuti di Roma: Le alternative all’inceneritore

Strategicamente partire da un inceneritore vuol dire iniziare dalla coda del problema e non dalla testa.

Quando si dice no a qualcosa, però, è buona norma avanzare delle proposte alternative. Per bullet point una moderna strategia di gestione dei rifiuti potrebbe prevedere:

  • L’Aumento della raccolta differenziata e del porta a porta
  • La Costruzione di due biodigestori per la gestione della parte umida con la creazione di biometano e compost di qualità.
  • La Costruzione impianti per il recupero dei materiali, ragionando su piccoli impianti e non fabbriche di enormi dimensioni.

Tutto questo porterebbe alla diminuzione sensibile del materiale da inviare a discarica. E’ bene ricordare che le direttive comunitarie hanno fissato al 10% la percentuale di rifiuti da mandare in discarica entro il 2035. Un piano di questo genere, inoltre, costituirebbe la base per la creazione di posti di lavoro green e stabili.

Sintesi

Tutti abbiamo capito che il problema dei rifiuti per strada nella capitale è riconducibile alla mancanza di impianti. Non esiste la bacchetta magica, per nessuno. La politica, però, è anche e soprattutto scelta. In questo caso bisogna scegliere se guardare al futuro o guardare al passato.

Un intervento impiantistico di questo genere può eliminare i rifiuti per strada? Sì, può farlo.

Un inceneritore da 600 mila tonnellate è la risposta giusta nel 2022? No, non lo è.

E’ vero che tanti capitali europee hanno un inceneritore ma nessuna sta costruendo inceneritori in questi ultimi anni e tutte stanno cercando nuove strade per la gestione dei rifiuti. Chi aveva sposato questa strada completamente, come la famosa Danimarca, sta scegliendo altre alternative. La continua “emergenza” romana non deve farci dimenticare le gravi inefficienze del ciclo frusinate dei rifiuti: ad oggi abbiamo un TMB con percentuali di recupero risibili, un Termovalorizzatore e aspettiamo le indicazioni per una nuova discarica di servizio. Dovremmo averlo imparato nel corso di questi lunghi venti anni: viviamo in un sistema complesso. Non possiamo assistere da spettatori a quello che succede nella capitale. Avere un sistema di rifiuti moderno ed efficiente, quindi, non riguarda solo Roma ma tutta la Regione.

Fonti: https://cphpost.dk/?p=114926, https://eng.mst.dk/air-noise-waste/waste/denmark-without-waste/, https://economiacircolare.com/inceneritore-copenaghen-luzzati/, https://economiacircolare.com/dati-inceneritore-copenaghen/, https://www.internazionale.it/essenziale/notizie/stefano-liberti/2022/06/03/sui-rifiuti-roma-sbaglia-di-nuovo, https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/inceneritore-gualtieri-lettera-green-italia-m5kbaknn