Autore: Umberto Zimarri

  • Give Back: come lo sport restituisce valore alla società | EcoSportivamente Podcast

    Give Back: come lo sport restituisce valore alla società | EcoSportivamente Podcast

    Give Back: storie di calcio responsabile

    Sono felice di presentarvi la seconda puntata della nuova stagione di EcoSportivamente, il podcast dove lo sport incontra la sostenibilità, il cambiamento e l’impatto positivo.

    Il nostro ospite è Mario Rucano, esperto di Corporate Social Responsibility e co-autore del libro Give Back – 11 storie di calcio socialmente responsabile, scritto insieme a Stefano D’Errico e Valentino Cristofalo, già ospiti del podcast.

    In questa puntata, esploriamo il significato profondo del “Give Back”: quel gesto consapevole con cui atleti, spesso sotto i riflettori, decidono di usare la loro visibilità per restituire qualcosa alla società, ai territori e alle cause in cui credono.

    Con Mario abbiamo parlato di:

    • Come nasce il suo impegno per la sostenibilità nello sport
    • Le sfide (e i rischi) della CSR tra impatto reale e greenwashing
    • Le storie più sorprendenti emerse nella scrittura di Give Back
    • Il futuro del “give back” nello sport tra dieci anni
    • Il ruolo trasformativo degli atleti, e in particolare delle donne, nella società contemporanea

    Un momento speciale è dedicato alle storie di Sara Gama e Megan Rapinoe, due figure potenti che dimostrano come il talento sportivo possa trasformarsi in attivismo, ispirazione e battaglie civili.

    Una puntata da ascoltare tutto d’un fiato, tra etica e pallone, dove si parla anche di messaggi lasciati negli spogliatoi, consigli ricevuti lungo la strada e futuro da costruire, un “pezzettino” alla volta. In un momento storico in cui lo sport viene spesso semplificato in numeri e spettacolo, storie come quelle raccontate in questa puntata ci ricordano che ogni atleta può essere anche un cittadino attivo, una voce per il cambiamento

    Ascolta ora su [Spotify ]
    Scopri il libro “Give Back”

    EcoSportivamente è una comunità

    Se ti piace, aiutami a condividerlo! Lo sport può davvero cambiare il mondo, ma solo se scegliamo insieme di fare la differenza.

    Hai una storia di sport e sostenibilità da raccontare? Scrivici nei commenti o contattaci sui social.
    EcoSportivamente è una comunità, non solo un podcast

  • Al Lebowski, dove il calcio è resistenza e sogno

    Al Lebowski, dove il calcio è resistenza e sogno

    Diez incontra il Centro Storico Lebowski

    Il calcio non è solo un gioco. È un atto collettivo di resistenza.

    Il Centro Storico Lebowski è nato così, nel 2004, per scelta e per sogno. Un gruppo di amici, stanchi di vedere il calcio ridotto a spettacolo da consumare, ha deciso di cambiare le regole del gioco: creare una squadra dal basso, fuori dalle logiche di profitto, fuori dal calcio business.

    Una squadra dove chi ama il pallone non è spettatore, ma protagonista. Una squadra dove ogni decisione è democratica, condivisa, partecipata. Un’idea semplice e allo stesso tempo rivoluzionaria: restituire il calcio a chi lo vive, non a chi lo compra.

    Oggi il Lebowski è molto più di una squadra. È una comunità. È una scuola calcio popolare, nata in un giardino pubblico, cresciuta tra fatica, passione e coraggio.
    Un luogo dove bambini e bambine possono giocare senza barriere economiche, grazie a prezzi popolari e a un modello educativo che mette al centro la persona prima ancora dell’atleta. Sul campo del Lebowski, la fantasia è ancora un diritto e non un lusso. Lo sport è cultura. È educazione. È un modo per costruire possibilità.

    Al Leboski un altro calcio esiste già

    Con Diez: l’Atlante dei numeri 10, ho provato a raccontare proprio questo spirito: il calcio come sogno, immaginazione, poesia.

    Siamo partiti dai pionieri della fantasia come Johan Cruijff e Paul Gascoigne, abbiamo attraversato le traiettorie magiche di Zico e Juan Román Riquelme, siamo arrivati alle storie africane di Lakhdar Belloumi e Jay-Jay Okocha.
    Abbiamo chiuso il cerchio con chi ha fatto del sogno un patrimonio dell’umanità: Roberto Baggio, Pelé e Diego Armando Maradona. In ogni storia, un filo rosso: il calcio non è solo vittoria o sconfitta.
    È il diritto di sognare con i piedi, come ci ha insegnato Eduardo Galeano.

    Sabato, al Lebowski, abbiamo visto quei sogni camminare sulla terra. Abbiamo respirato un calcio diverso: libero, collettivo, popolare. Abbiamo capito che un altro calcio non solo è possibile: esiste già.

    E continua a crescere, ogni volta che qualcuno ha il coraggio di credere che un pallone, calciato con fantasia, possa cambiare il mondo.

  • La portata universale di Papa Francesco

    La portata universale di Papa Francesco

    Perché è stato così importante Papa Francesco? L’eredità sociale, culturale e morale del pontefice venuto “dalla fine del mondo”

    Papa Francesco lascia un segno indelebile nel terzo millennio dell’umanità. È stato un pontefice capace di parlare al mondo intero, credenti e non, incarnando valori universali come la giustizia, la solidarietà e la cura del creato. Perché Papa Francesco è stato così importante? Non solo per il suo ruolo spirituale, ma per la sua influenza etica e sociale, che ha travalicato i confini del Vaticano.

    Il difensore dei migranti in un’epoca di muri

    In un periodo storico segnato dall’innalzamento di barriere fisiche e ideologiche, Francesco ha costantemente richiamato l’attenzione sulla “globalizzazione dell’indifferenza”. La sua visita a Lampedusa nel 2013, primo viaggio ufficiale del suo pontificato, ha segnato simbolicamente l’inizio di un impegno instancabile. “Chi piange per queste persone morte nel tentativo di migliorare le proprie condizioni?”, chiedeva allora, ponendo una domanda scomoda ai leader politici europei e mondiali.

    Non si è limitato alla denuncia: il suo appello “accogliere, proteggere, promuovere e integrare” è diventato un punto di riferimento per organizzazioni umanitarie e istituzioni. Ha criticato apertamente le politiche migratorie restrittive, sfidando le posizioni di governi e partiti populisti, e trasformando la questione dei migranti da problema di sicurezza nazionale a imperativo morale universale.

    La voce dell’ecologia integrale

    Con l’enciclica “Laudato Si’” del 2015, Papa Francesco ha compiuto un passo storico: il primo documento papale interamente dedicato alle questioni ambientali. La sua “ecologia integrale” ha collegato in modo innovativo la crisi climatica alle disuguaglianze sociali, offrendo una critica sistemica dell’attuale modello economico.

    Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”, scriveva, anticipando dibattiti che sarebbero diventati centrali negli anni successivi. Questo approccio ha influenzato accordi internazionali sul clima e ispirato movimenti ambientalisti globali. La sua visione ha saputo parlare tanto ai leader mondiali quanto alle giovani generazioni impegnate nell’attivismo climatico.

    La lotta intransigente contro le mafie

    “Non si può credere in Dio ed essere mafiosi”, ha dichiarato Francesco con fermezza davanti alla tomba di don Pino Puglisi. Il suo impegno contro la criminalità organizzata è stato caratterizzato da gesti simbolici potenti e da parole inequivocabili. La scomunica pronunciata durante la visita in Calabria nel 2014 ha rappresentato una svolta storica nel rapporto tra Chiesa e mafie.

    Francesco ha denunciato non solo la violenza mafiosa, ma anche la “cultura mafiosa” fondata sulla corruzione e sul clientelismo. Ha sostenuto attivamente chi combatte le organizzazioni criminali, visitando territori difficili e incontrando familiari delle vittime, trasformando così la lotta alle mafie in una battaglia culturale e morale che travalica i confini dell’Italia.

    Lo sport come strumento di inclusione

    Meno noto ma significativo è stato il suo approccio allo sport, visto non come competizione ma come strumento di pace e inclusione sociale. Ha promosso iniziative come “Scholas Occurrentes” e incontri interreligiosi attraverso eventi sportivi, sottolineando come l’attività fisica possa superare barriere culturali, economiche e religiose.

    “Lo sport è una scuola di pace, ci insegna a costruire la pace”, ha ripetuto in diverse occasioni, promuovendo i valori della lealtà e del rispetto reciproco in un’epoca segnata da crescenti tensioni sociali e internazionali.

    E’ stato, inoltre, il papa Tifoso come ci ha ricordato Fabrizio Gabrielli su Ultimo Uomo.

    ” Forse proprio perché, ricco della sua forma mentis argentina, Bergoglio sente – ha sempre sentito – la tentazione di spiegare il mondo attraverso paradigmi calcistici. Di portare la religione fuori dalla religione, nei potreros della vita, tra i diseredati, tra i meno felici, tra quelli ai quali basta un pallone, o un pezzo d’ostia, da farsi bastare per essere un po’ meno tristi, un po’ meno soli. Ha identificato nel pallone un tramite. Un legame ”

    L’ultimo messaggio di Speranza

    Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese. Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!». E sul tema immigrazione ha aggiunto: «Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti!».

    Papa Francesco: un’eredità che supera i confini religiosi

    Il “Papa venuto dalla fine del mondo” ha saputo incarnare un nuovo modello di leadership globale: umile nei gesti, diretto nel linguaggio, intransigente sui principi ma aperto al dialogo con tutti. La sua capacità di parlare ai non credenti, di affrontare temi controversi e di richiamare le istituzioni alle proprie responsabilità ha ridefinito il ruolo del papato nel XXI secolo.

    L’eredità di Francesco va ben oltre il recinto ecclesiastico: ha offerto una visione alternativa di società fondata sulla solidarietà, sulla sostenibilità e sulla dignità umana. In un’epoca di crescente polarizzazione, ha rappresentato una voce che ha saputo unire rigore morale e compassione, tradizione e innovazione, principi non negoziabili e pragmatismo.

    La sua scomparsa lascia un vuoto ma per tutti coloro che hanno visto in lui un riferimento etico in tempi complessi.

  • Il Calcio a scuola: quando lo sport accende la curiosità

    Il Calcio a scuola: quando lo sport accende la curiosità

    Il calcio a scuola: L’Atlante dei numeri 10 presso l’I.I.S Cesare Baronio di Sora

    Che sarebbe stata una mattinata speciale, l’ho capito appena varcato l’ingresso dell’istituto. Davanti a me, un’onda colorata di magliette da calcio. Una giornata di calcio a scuola.
    I ragazzi e le ragazze mi hanno accolto con entusiasmo contagioso, occhi accesi dalla curiosità, animi carichi di energia. In quel momento ho capito che non avremmo solo parlato di calcio, ma che avremmo vissuto insieme una piccola avventura emotiva e culturale.

    L’accoglienza in auditorium è stata sorprendente: un’atmosfera vibrante, quasi da Bombonera, tra applausi e sorrisi.
    La moderazione della prof.ssa Capobianco è stata appassionata e coinvolgente: pur non essendo un’esperta di calcio, si è lasciata trasportare – e in parte rapire – dalle storie dei Diez, i numeri 10 che hanno fatto la storia di questo sport.

    Un viaggio tra diez, storia e valori

    Abbiamo esplorato il cuore del progetto: il talento e la disciplina, la poesia e la lotta, le contraddizioni e la bellezza di chi porta il numero 10 sulle spalle.

    Ci siamo immersi nella grazia e nella ferocia di Zinedine Zidane, nella spiritualità silenziosa di Roberto Baggio, capace di convivere con il dolore e di sublimarlo. Abbiamo riflettuto sul tormento e il genio di Paul Gascoigne, sulle sue fragilità celate dietro l’immagine del campione. E poi ancora, la determinazione zen di Hidetoshi Nakata, capace di trasformare ogni partita in una forma di meditazione.

    Non è mancata una riflessione più ampia sul tifo: sul suo potere unificante, ma anche sul rischio di derive violente e sul vuoto che, a volte, riempie con disvalori la solitudine di chi cerca appartenenza.

    Oltre ai video e ai contenuti multimediali – realizzati in modo impeccabile – sono state le domande a rendere l’incontro davvero speciale. Tantissimi interventi, osservazioni acute, curiosità profonde. Due ore non sono bastate. I ragazzi, veri numeri 10, avrebbero continuato fino al tramonto.

    Sono tornato a casa con un’ondata di energia positiva e con la gratitudine di aver acceso una scintilla, di aver condiviso non solo storie di calcio, ma anche valori, emozioni, visioni di vita.

    Un grazie sentito per l’accoglienza calorosa, l’entusiasmo e la splendida opportunità di confronto.
    Nota finale, ci siamo salutati sulle note di “Live is Life”: e forse, davvero, la vita è questo. Un gioco, un racconto, una partita da giocare insieme. Il calcio a scuola è davvero un bel esperimento perchè è un altro modo di raccontare il mondo.

    Buon vento, campioni.

    Le Foto dell’iniziativa

    Il reel dell’iniziativa

  • Plastic Free Ride: Pedalare per un mondo più pulito

    Plastic Free Ride: Pedalare per un mondo più pulito

    Sport, Ambiente e Sosteniblità: l’intervista podcast di EcoSportivamente a Plastic Free Ride

    Il suono delle ruote sull’asfalto e il vento in faccia rappresentano uno dei ricordi più piacevoli delle estati adolescenziali.  Momenti e attimi di libertà. Nella storia raccontata nell’intervista di EcoSportivamente, però, c’è un dettaglio che rompe il quadro: sacchetti di plastica intrappolati nei cespugli, bottiglie abbandonate sul ciglio della strada, lattine accartocciate sul sentiero sterrato.

    È proprio da questa immagine che nasce Plastic Free Ride, un’idea semplice e rivoluzionaria allo stesso tempo: pedalare per ripulire il mondo dai rifiuti. A trasformare questa visione in realtà sono Raffaele Fanini e Sara Mazzarella, due ciclisti con una missione chiara: lasciare i percorsi che attraversano meglio di come li hanno trovati.

    Dal 2019, in sella alle loro biciclette con guanti, pinze e un carrello al seguito, percorrono chilometri raccogliendo plastica, vetro e altri scarti abbandonati. Ma non si fermano qui. Il loro obiettivo è più grande: ispirare altri a fare lo stesso, dimostrare che piccoli gesti possono generare un cambiamento concreto. E così, lungo la strada, il loro esempio coinvolge sempre più persone, trasformando semplici pedalate in veri e propri eventi di pulizia collettiva.

    Ad oggi, Plastic Free Ride ha percorso migliaia di chilometri e raccolto una quantità impressionante di rifiuti. Un viaggio che è anche un messaggio: ognuno di noi può fare la differenza. E ora, questa storia di passione, impegno e amore per l’ambiente diventa la protagonista della prima puntata del podcast EcoSportivamente.

    Una chiacchierata che si muove dai paesaggi del Kirgikistan e dei racconti di un agricoltore che racconta loro gli effetti dei cambiamenti climatici alle spiagge di Santa Maria di Leuca, dalla stanchezza “positiva” di una giornata di attività fisica alla rabbia di continuare a vedere percorsi ripuliti di nuovo sporchi, gli inseguimenti dei cani della Corsica o l’abbaglio dei una signora che li ha scambiati per netturbini del Comune.

    Progetti per il futuro? Il più nobile, ispirare gli altri a fare lo stesso.

    Se vuoi scoprire come un’idea nata su due ruote possa trasformarsi in un movimento di cambiamento, non perderti questo episodio. Preparati a lasciarti ispirare, perché il viaggio verso un mondo più pulito inizia sempre da un primo passo… o da una prima pedalata.

    ASCOLTA LA LORO STORIA

  • EcoSportivamente: al via la quinta stagione del podcast

    EcoSportivamente: al via la quinta stagione del podcast

    Il viaggio di EcoSportivamente continua! Eccoci all’inizio della quinta stagione del podcast che esplora il legame tra sport, sostenibilità e società. Un percorso nato cinque anni fa con un obiettivo ambizioso: indagare il ruolo dello sport come motore di cambiamento per un futuro più sostenibile.

    Sostenibilità: oltre la parola di moda

    Negli ultimi anni, il concetto di sostenibilità è diventato onnipresente, ma spesso svuotato di significato e ridotto a uno slogan. Tuttavia, la realtà ci impone di affrontare questa sfida con serietà: il cambiamento climatico è una crisi concreta, con fenomeni estremi sempre più frequenti e impatti devastanti su ambiente e società. A questo si aggiunge una fase di incertezza politica, con posizioni che rallentano la transizione ecologica e rimandano azioni necessarie.

    Il ruolo dello sport nel cambiamento

    Lo sport, con la sua forza aggregativa, non è estraneo a questa trasformazione. Se da un lato grandi eventi e infrastrutture sportive hanno un impatto significativo sul pianeta, dall’altro il settore sta mostrando segnali di rinnovamento. Sempre più federazioni, club e atleti stanno adottando soluzioni concrete per ridurre la propria impronta ecologica e promuovere un modello di sviluppo più responsabile.

    Uno sguardo alle nuove generazioni

    Un elemento chiave è il contributo delle giovani generazioni. Atleti, tifosi e organizzatori di eventi stanno dimostrando una crescente consapevolezza ambientale e sociale. La sostenibilità non si limita alla tutela dell’ambiente, ma si estende anche all’inclusione, all’uguaglianza e alla costruzione di una società più equa. Lo sport può essere uno strumento potente per abbattere le barriere e promuovere valori di giustizia e solidarietà.

    EcoSportivamente: cosa aspettarsi dalla quinta stagione?

    Questa nuova edizione di EcoSportivamente sarà ricca di approfondimenti, interviste e storie ispiratrici. Parleremo con esperti, atleti, ricercatori e dirigenti sportivi per raccontare le sfide e le opportunità di uno sport più sostenibile. Le puntate verranno pubblicate con cadenza fissa, il 30 di ogni mese, in coppie di due. Inoltre, accanto alle consuete interviste, ci saranno anche riflessioni e racconti dedicati a temi specifici.

    Lo sport del futuro sarà sostenibile – Le idee di EcoSportivamente

    Il nostro impegno continua: vogliamo offrire uno spazio di dialogo e consapevolezza, nella convinzione che il futuro dello sport dipenda dalla sua capacità di evolversi nel rispetto del pianeta e delle persone. Vi invito a seguirmi in questa nuova stagione di EcoSportivamente: il cambiamento è possibile, e lo sport può esserne il motore.

    Seguiteci e scoprite insieme a noi come rendere lo sport un alleato della sostenibilità!

    Qui, la puntata introduttiva della nuova stagione

  • Ventotene oggi

    Ventotene oggi

    La becera sceneggiata della Presidente Giorgia Meloni ha svelato, con brutale evidenza, il volto attuale della destra italiana: un volto che si dimostra ontologicamente estraneo all’eredità del Manifesto di Ventotene e al progetto europeo che da quel documento ha tratto origine.

    L’episodio ha rappresentato più di un semplice momento politico: è stata una cartina di tornasole che ha definitivamente dissolto, se ce ne fosse ancora bisogno, l’illusione di una destra “europea” e moderata. Un’operazione mediatica, pensata per coprire il momento di difficoltà della coalizione di Governo, che, nei fatti, ha ribadito l’approccio nazionalistico e frammentario che Spinelli e Rossi avevano lucidamente prefigurato e combattuto.

    Un’eredità sotto attacco

    Ventotene, oltre ad essere una splendida e selvaggia isola, è il luogo dove Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni scrissero il celebre “Manifesto di Ventotene” nel 1941, delineando una visione di un’Europa federale e democratica, capace di superare i nazionalismi che avevano portato alla guerra.

    Ventotene oggi: come attualizzare un patrimonio di idee?

    L’idea di futuro delineata nel Manifesto di Ventotene è oggi messa alla prova non solo dalle tensioni internazionali e dall’ascesa dei populismi, ma anche da una retorica politica che tende a svuotarla del suo significato originale.

    Come spesso accade in Italia, il dibattito generato dall’evento conferma un paradosso ricorrente nella nostra cultura politica: la tendenza a trasformare documenti fondativi – che si tratti del Manifesto di Ventotene o della Costituzione – in semplici icone retoriche, prive del loro potenziale trasformativo.

    Ma il Manifesto di Ventotene non è un feticcio da commemorare. È un progetto politico da riattualizzare costantemente. Il rischio, altrimenti, è la sua banalizzazione.

    Un’Europa all’altezza delle sfide

    L’Europa immaginata da Altiero Spinelli e dai suoi compagni era un’Europa unita e federale. Oggi, questo significa rafforzare i poteri del Parlamento europeo e superare il diritto di veto nel Consiglio dell’UE, per costruire un’Unione più democratica, capace di rispondere alle crisi con rapidità ed efficacia.

    Serve inoltre un pilastro sociale europeo vincolante, con salari minimi, welfare comune e una protezione reale per i lavoratori. Senza giustizia sociale, non può esserci un’Europa davvero coesa.

    Una politica estera e di difesa comune

    Non esiste un futuro europeo senza una politica estera e di difesa comune. Ma questo non significa costruire eserciti più grandi. Piuttosto, serve un vero Esercito Europeo e, soprattutto, una capacità diplomatica autonoma, capace di prevenire conflitti e gestire le crisi globali con cooperazione e mediazione.

    Un sistema di accoglienza europeo

    Non si può invocare l’unità europea senza affrontare una delle sue più grandi contraddizioni: l’assenza di un Sistema di Accoglienza Europeo. È necessario un meccanismo comune per la gestione delle domande d’asilo, vie legali per i migranti economici e un piano di investimenti nei Paesi di origine per affrontare le cause profonde delle migrazioni.

    Ventotene, faro del Mediterraneo

    L’isola di Ventotene può diventare un faro nel Mediterraneo, ospitando un istituto permanente di formazione per giovani attivisti, amministratori e ricercatori impegnati a costruire il futuro dell’Europa. Un’accademia aperta agli studenti di tutta l’UE, in cui studiare politiche ambientali, governance democratica e strategie contro le disuguaglianze, con un’attenzione speciale al Mediterraneo e al suo ruolo nel mondo.

    Attualizzare il Manifesto di Ventotene significa difenderne la visione e rilanciarne la portata rivoluzionaria. Perché un’Europa più unita, giusta e democratica non è un’utopia, ma una necessità.

  • Welfare europeo e difesa comune come responsabilità

    Welfare europeo e difesa comune come responsabilità

    L’inizio di una riconnessione sociale

    In Moby Dick, il capitano Achab insegue ossessivamente la balena bianca, convinto che solo distruggendola potrà dare un senso alla sua esistenza. Ma quella balena è anche il simbolo di un’ossessione che gli impedisce di vedere la realtà con lucidità. Nella politica, come nella vita, chi si ostina a vedere il mondo in bianco e nero, senza cogliere le sfumature e le differenze, rischia di naufragare come la Pequod. E’ una metafora poltica potentissima se guardiamo a quello che è successo negli ultimi 30 anni.

    In questi quasi due anni di segreteria Schlein, molti commentatori hanno volutamente minimizzato l’impatto del cambiamento in atto. Altri, soprattutto tra i duri e puri, si sono limitati a ripetere il più classico voglio di più, senza riflettere sul fatto che il cambiamento, soprattutto in un Partico come quello Democratico, non è mai immediato né lineare. È il risultato di scelte, scontri e compromessi, con l’obiettivo di mantenere unitarietà e visione.

    Troppo facile dire che non cambia mai nulla. Troppo facile lamentarsi di un cambiamento insufficiente se poi non si contribuisce a spingerlo avanti. In politica, come nella società, il cambiamento richiede tempo, coraggio e capacità di gestire la complessità. Comprendere le differenze e saperle valorizzare è la vera sfida per chi vuole costruire un’alternativa credibile e progressista.

    Gli elettori, spesso più lucidi di molti analisti, hanno riconosciuto questo processo di rinnovamento. Lo hanno premiato, facendo crescere il PD nel 2024 e riportandolo sopra il 20%. Certo, non ci si può accontentare, ma è un primo passo significativo. Il percorso è iniziato, ma non ancora completato, e va perseguito con determinazione. Ricostruire un’identità profonda per il Partito Democratico richiederà anni, non mesi. Non esistono scorciatoie: l’unica strada è un lavoro costante per riportare il Partito nei territori e, al tempo stesso, riportare i territori dentro il Partito.

    Welfare europeo e difesa comune

    Il momento storico che stiamo vivendo è di estrema complessità, in particolare in Europa. La posizione espressa dalla Segretaria è coraggiosa: riconoscere che la sicurezza comune è un tema fondamentale, ma non può essere perseguita a scapito del welfare state. Un concetto semplice, quasi ovvio, eppure diventato un boomerang nella politica italiana ed europea degli ultimi 15 anni, persino nei partiti socialdemocratici. In due parole: welfare europeo e difesa comune come una responsabilità verso il futuro.

    Poiché la politica si fa con l’intelligenza degli avvenimenti, comprendere il contesto in cui ci si muove è essenziale. E proprio per questo appare inspiegabile che, davanti a una maggioranza di governo divisa, un gruppo di europarlamentari del PD, incluso il Presidente, abbia votato contro l’indicazione della Segretaria.

    Coltivare il dubbio su questo piano di riarmo non significa abbandonare l’Ucraina, né essere subordinati al Movimento Cinque Stelle. Significa invece riaffermare un’idea di Unione Europea come comunità di popoli e persone, basata sulla coesione e sul welfare state. Proprio questi strumenti sono in grado di sottrarre carburante ai nazionalismi. Non si tratta di ingenuità o di parlare di pace senza praticarla, ma di lavorare concretamente per un’Europa con una difesa comune e una visione condivisa. Non può essere accettabile l’allentamento dei vincoli di bilancio europei solamente per spese riguardanti la difesa.

    Sacrificare temi così cruciali per mere dinamiche interne o, peggio ancora, per strategie di logoramento sarebbe non solo miope, ma imperdonabile.

  • Diez: la presentazione di Empoli

    Diez: la presentazione di Empoli

    Diez: l’ Atlante dei numeri 10 – Empoli – Stagione 2. Episodio 3

    Empoli é una città di calcio e di provincia. La sua biblioteca è una vera e propria officina di cultura.

    Lo stadio della città é dedicato a Carlo Castellani, un ragazzo di 35 anni morto a Mathausen. Empoli, tra l’altro, é stata una città di tanti numeri 10 tra cui Totò Di Natale. 

    Con queste premesse la presentazione di Diez, guidata dall’ Assessora allo Sport del Comune, Laura Mannucci é stata volutamente territoriale.

    Ad una quarantina di kilometri dalla biblioteca Renato Fucini, però, hanno immaginato e creato calcio, Roberto Baggio e Manuel Rui Costa, in una staffetta di rara eleganza. Due grandi protagonisti dell’Atlante dei numeri 10.

    Roberto, fantasista per eccellenza, poetico. Un’ artista del rinascimento fiorentino. Soffriva, a causa delle sue ginocchia, giocando a calcio e nel regalare gioia alle persone. Bellezza e dolore in una dualità unica e struggente.

    Manuel, invece, nobilita l’ essenziale. Un giocatore che vive in simbiosi con Lisbona e Firenze. Euclideo ma raffinato. Gioca con la testa alta come Antognoni che lo ha portato a Firenze. Uno guardava le stelle. L’ altro alzava lo sguardo come fosse davanti un esploratore davanti all’Oceano. 

    Parlando di calcio e territorio ovviamente non si poteva evitare un passaggio sud americano: Maracanazo, Pelé, Zico; Maradona, Boca, Riquelme.

    Commovente, come sempre, l’ omaggio della sala a Fabio, il numero 10 della nostra provincia .

    Una presentazione passata velocemente. Un salto continuo tra le cose davvero importanti e la più importante tra quelle meno importanti, il Fútbol.

    Per Acquistare una copia del libro potete cliccare qui o qui.

    Alcune foto dell’iniziativa.

  • Ue: abbiamo un problema

    Ue: abbiamo un problema

    Ad un passo dal precipizio: tra Trump, Putin e le ambiguità interne

    Questa volta non è Houston ad avere un problema. L’elefante è nella nostra stanza. Per essere più precisi, è nelle vite di milioni di cittadini europei che vivono uno dei momenti più delicati dal dopoguerra. L’Unione Europea sta attraversando la sua crisi più profonda da decenni. Pressata dall’esterno da Donald Trump e Vladimir Putin e logorata all’interno da forze ambigue e nazionaliste come quelle rappresentate da Giorgia Meloni e Viktor Orbán, l’UE rischia di implodere sotto il peso delle sue incertezze.

    L’UE messa ai margini: un pericolo esistenziale

    Nelle ultime settimane, una verità scomoda si è palesata e ha aperto gli occhi a tutti: l’Europa non è più al centro delle decisioni globali. I più attenti non lo scoprono certo adesso, è chiaro da anni. La narrazione, però, è sempre stata tutt’altra. Noi “Europie” pensiamo di essere ancora il centro del mondo, sia dal punto di vista strategico sia da quello decisionale. La realtà, amara, ci dice altro. La recente telefonata tra Trump e Putin sulla pace in Ucraina lo ha dimostrato chiaramente. Siamo ben oltre il campanello d’allarme, perché per anni non abbiamo ascoltato le campane che invano ci avvisavano.

    “Nessun accordo raggiunto alle nostre spalle funzionerà”, ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’UE, Kaja Kallas. Ma questa affermazione, per quanto giusta, è sufficiente? L’UE può davvero permettersi di restare a guardare mentre altri decidono del suo futuro? Quanti oggi possono alzare la mano per affermare di credere, non nella forma, ma nel concreto, a quella affermazione? Le immagini del vertice di Macron trasmettono debolezza, incertezza e anche un po’ di tristezza.

    La verità è che oggi l’Europa è un semplice spettatore sullo scacchiere internazionale. Gli USA di Trump, con la loro politica isolazionista un giorno e aggressiva per altri dieci, e la Russia di Putin hanno nel mirino un grande obiettivo: smantellare il sogno europeo. Se non reagiamo ora, potremmo risvegliarci in un continente frantumato, incapace di difendere i suoi valori e i suoi cittadini.

    L’ambiguità della Meloni: un veleno per l’Europa

    A rendere ancora più grave la situazione sono le ambiguità interne. Giorgia Meloni si presenta come europeista a Bruxelles, ma in patria strizza l’occhio alle destre sovraniste e anti-UE. Questa doppiezza non solo mina la credibilità dell’Italia, ma crea fratture pericolose all’interno dell’Unione. A rafforzare questa tendenza è la crescente influenza dell’asse con Viktor Orbán, il leader ungherese che ha fatto del nazionalismo autoritario il suo marchio politico. Insieme, Meloni, Orbán e gli altri ipernazionalisti incarnano un progetto di “internazionale sovranista” che sta funzionando benissimo: indebolire e depotenziare dall’interno le istituzioni comunitarie a favore di un’Europa frammentata, facendo il gioco di personaggi come Elon Musk e Donald Trump, con i quali sperano di trattare interessi esclusivi dei singoli stati nazionali, senza comprendere di essere utilizzati come “cavalli di Troia”.

    MAGA (Make America Great Again) e MEGA (Make Europe Great Again) sono slogan vuoti che ignorano la complessità delle sfide globali e alimentano una retorica populista e divisiva. L’idea che ogni nazione possa “fare da sé” in un mondo interconnesso è un’illusione pericolosa, un’ideologia che non tiene conto delle reali necessità economiche, energetiche e di sicurezza dell’Europa. Un principio così semplicistico che persino un bambino capirebbe che favorisce le nazioni più grandi e potenti.

    UE: o rilancio o barbarie

    L’Europa non può permettersi leader che parlano con due lingue diverse. In un momento storico in cui servono unità e coesione, il gioco di Meloni e la complicità di Orbán rischiano di indebolire tutto il progetto europeo, aprendo la strada a una deflagrazione politica e sociale senza precedenti.

    Davanti a questa crisi, l’unica risposta possibile è un rilancio deciso del progetto europeo. Non possiamo permetterci un’Europa paralizzata dai veti nazionali, incapace di rispondere alle sfide globali. Servono politiche comuni in materia di difesa, economia ed energia. Solo con una vera integrazione l’UE può sperare di resistere alle tempeste geopolitiche.

    E non c’è solo la politica. L’Europa ha una missione storica: guidare la transizione ecologica. Il Green Deal non è solo un piano ambientale, ma una strategia per l’indipendenza energetica e la sicurezza economica. Investire in rinnovabili significa sottrarsi al ricatto dei regimi autoritari, garantire posti di lavoro e creare un futuro sostenibile.

    La retorica del bivio è stata spesso utilizzata, ma oggi (non domani o dopodomani) siamo davvero a un punto di svolta. O si trova il coraggio di prendere decisioni forti, di unirsi davvero e di costruire un futuro comune, oppure l’Europa rischia di sgretolarsi sotto il peso delle proprie debolezze.

    La domanda è: avremo il coraggio di reagire prima che sia troppo tardi?