Tag: Umberto Zimarri

  • Welfare europeo e difesa comune come responsabilità

    Welfare europeo e difesa comune come responsabilità

    L’inizio di una riconnessione sociale

    In Moby Dick, il capitano Achab insegue ossessivamente la balena bianca, convinto che solo distruggendola potrà dare un senso alla sua esistenza. Ma quella balena è anche il simbolo di un’ossessione che gli impedisce di vedere la realtà con lucidità. Nella politica, come nella vita, chi si ostina a vedere il mondo in bianco e nero, senza cogliere le sfumature e le differenze, rischia di naufragare come la Pequod. E’ una metafora poltica potentissima se guardiamo a quello che è successo negli ultimi 30 anni.

    In questi quasi due anni di segreteria Schlein, molti commentatori hanno volutamente minimizzato l’impatto del cambiamento in atto. Altri, soprattutto tra i duri e puri, si sono limitati a ripetere il più classico voglio di più, senza riflettere sul fatto che il cambiamento, soprattutto in un Partico come quello Democratico, non è mai immediato né lineare. È il risultato di scelte, scontri e compromessi, con l’obiettivo di mantenere unitarietà e visione.

    Troppo facile dire che non cambia mai nulla. Troppo facile lamentarsi di un cambiamento insufficiente se poi non si contribuisce a spingerlo avanti. In politica, come nella società, il cambiamento richiede tempo, coraggio e capacità di gestire la complessità. Comprendere le differenze e saperle valorizzare è la vera sfida per chi vuole costruire un’alternativa credibile e progressista.

    Gli elettori, spesso più lucidi di molti analisti, hanno riconosciuto questo processo di rinnovamento. Lo hanno premiato, facendo crescere il PD nel 2024 e riportandolo sopra il 20%. Certo, non ci si può accontentare, ma è un primo passo significativo. Il percorso è iniziato, ma non ancora completato, e va perseguito con determinazione. Ricostruire un’identità profonda per il Partito Democratico richiederà anni, non mesi. Non esistono scorciatoie: l’unica strada è un lavoro costante per riportare il Partito nei territori e, al tempo stesso, riportare i territori dentro il Partito.

    Welfare europeo e difesa comune

    Il momento storico che stiamo vivendo è di estrema complessità, in particolare in Europa. La posizione espressa dalla Segretaria è coraggiosa: riconoscere che la sicurezza comune è un tema fondamentale, ma non può essere perseguita a scapito del welfare state. Un concetto semplice, quasi ovvio, eppure diventato un boomerang nella politica italiana ed europea degli ultimi 15 anni, persino nei partiti socialdemocratici. In due parole: welfare europeo e difesa comune come una responsabilità verso il futuro.

    Poiché la politica si fa con l’intelligenza degli avvenimenti, comprendere il contesto in cui ci si muove è essenziale. E proprio per questo appare inspiegabile che, davanti a una maggioranza di governo divisa, un gruppo di europarlamentari del PD, incluso il Presidente, abbia votato contro l’indicazione della Segretaria.

    Coltivare il dubbio su questo piano di riarmo non significa abbandonare l’Ucraina, né essere subordinati al Movimento Cinque Stelle. Significa invece riaffermare un’idea di Unione Europea come comunità di popoli e persone, basata sulla coesione e sul welfare state. Proprio questi strumenti sono in grado di sottrarre carburante ai nazionalismi. Non si tratta di ingenuità o di parlare di pace senza praticarla, ma di lavorare concretamente per un’Europa con una difesa comune e una visione condivisa. Non può essere accettabile l’allentamento dei vincoli di bilancio europei solamente per spese riguardanti la difesa.

    Sacrificare temi così cruciali per mere dinamiche interne o, peggio ancora, per strategie di logoramento sarebbe non solo miope, ma imperdonabile.

  • Diez: la presentazione di Empoli

    Diez: la presentazione di Empoli

    Diez: l’ Atlante dei numeri 10 – Empoli – Stagione 2. Episodio 3

    Empoli é una città di calcio e di provincia. La sua biblioteca è una vera e propria officina di cultura.

    Lo stadio della città é dedicato a Carlo Castellani, un ragazzo di 35 anni morto a Mathausen. Empoli, tra l’altro, é stata una città di tanti numeri 10 tra cui Totò Di Natale. 

    Con queste premesse la presentazione di Diez, guidata dall’ Assessora allo Sport del Comune, Laura Mannucci é stata volutamente territoriale.

    Ad una quarantina di kilometri dalla biblioteca Renato Fucini, però, hanno immaginato e creato calcio, Roberto Baggio e Manuel Rui Costa, in una staffetta di rara eleganza. Due grandi protagonisti dell’Atlante dei numeri 10.

    Roberto, fantasista per eccellenza, poetico. Un’ artista del rinascimento fiorentino. Soffriva, a causa delle sue ginocchia, giocando a calcio e nel regalare gioia alle persone. Bellezza e dolore in una dualità unica e struggente.

    Manuel, invece, nobilita l’ essenziale. Un giocatore che vive in simbiosi con Lisbona e Firenze. Euclideo ma raffinato. Gioca con la testa alta come Antognoni che lo ha portato a Firenze. Uno guardava le stelle. L’ altro alzava lo sguardo come fosse davanti un esploratore davanti all’Oceano. 

    Parlando di calcio e territorio ovviamente non si poteva evitare un passaggio sud americano: Maracanazo, Pelé, Zico; Maradona, Boca, Riquelme.

    Commovente, come sempre, l’ omaggio della sala a Fabio, il numero 10 della nostra provincia .

    Una presentazione passata velocemente. Un salto continuo tra le cose davvero importanti e la più importante tra quelle meno importanti, il Fútbol.

    Per Acquistare una copia del libro potete cliccare qui o qui.

    Alcune foto dell’iniziativa.

  • Ue: abbiamo un problema

    Ue: abbiamo un problema

    Ad un passo dal precipizio: tra Trump, Putin e le ambiguità interne

    Questa volta non è Houston ad avere un problema. L’elefante è nella nostra stanza. Per essere più precisi, è nelle vite di milioni di cittadini europei che vivono uno dei momenti più delicati dal dopoguerra. L’Unione Europea sta attraversando la sua crisi più profonda da decenni. Pressata dall’esterno da Donald Trump e Vladimir Putin e logorata all’interno da forze ambigue e nazionaliste come quelle rappresentate da Giorgia Meloni e Viktor Orbán, l’UE rischia di implodere sotto il peso delle sue incertezze.

    L’UE messa ai margini: un pericolo esistenziale

    Nelle ultime settimane, una verità scomoda si è palesata e ha aperto gli occhi a tutti: l’Europa non è più al centro delle decisioni globali. I più attenti non lo scoprono certo adesso, è chiaro da anni. La narrazione, però, è sempre stata tutt’altra. Noi “Europie” pensiamo di essere ancora il centro del mondo, sia dal punto di vista strategico sia da quello decisionale. La realtà, amara, ci dice altro. La recente telefonata tra Trump e Putin sulla pace in Ucraina lo ha dimostrato chiaramente. Siamo ben oltre il campanello d’allarme, perché per anni non abbiamo ascoltato le campane che invano ci avvisavano.

    “Nessun accordo raggiunto alle nostre spalle funzionerà”, ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’UE, Kaja Kallas. Ma questa affermazione, per quanto giusta, è sufficiente? L’UE può davvero permettersi di restare a guardare mentre altri decidono del suo futuro? Quanti oggi possono alzare la mano per affermare di credere, non nella forma, ma nel concreto, a quella affermazione? Le immagini del vertice di Macron trasmettono debolezza, incertezza e anche un po’ di tristezza.

    La verità è che oggi l’Europa è un semplice spettatore sullo scacchiere internazionale. Gli USA di Trump, con la loro politica isolazionista un giorno e aggressiva per altri dieci, e la Russia di Putin hanno nel mirino un grande obiettivo: smantellare il sogno europeo. Se non reagiamo ora, potremmo risvegliarci in un continente frantumato, incapace di difendere i suoi valori e i suoi cittadini.

    L’ambiguità della Meloni: un veleno per l’Europa

    A rendere ancora più grave la situazione sono le ambiguità interne. Giorgia Meloni si presenta come europeista a Bruxelles, ma in patria strizza l’occhio alle destre sovraniste e anti-UE. Questa doppiezza non solo mina la credibilità dell’Italia, ma crea fratture pericolose all’interno dell’Unione. A rafforzare questa tendenza è la crescente influenza dell’asse con Viktor Orbán, il leader ungherese che ha fatto del nazionalismo autoritario il suo marchio politico. Insieme, Meloni, Orbán e gli altri ipernazionalisti incarnano un progetto di “internazionale sovranista” che sta funzionando benissimo: indebolire e depotenziare dall’interno le istituzioni comunitarie a favore di un’Europa frammentata, facendo il gioco di personaggi come Elon Musk e Donald Trump, con i quali sperano di trattare interessi esclusivi dei singoli stati nazionali, senza comprendere di essere utilizzati come “cavalli di Troia”.

    MAGA (Make America Great Again) e MEGA (Make Europe Great Again) sono slogan vuoti che ignorano la complessità delle sfide globali e alimentano una retorica populista e divisiva. L’idea che ogni nazione possa “fare da sé” in un mondo interconnesso è un’illusione pericolosa, un’ideologia che non tiene conto delle reali necessità economiche, energetiche e di sicurezza dell’Europa. Un principio così semplicistico che persino un bambino capirebbe che favorisce le nazioni più grandi e potenti.

    UE: o rilancio o barbarie

    L’Europa non può permettersi leader che parlano con due lingue diverse. In un momento storico in cui servono unità e coesione, il gioco di Meloni e la complicità di Orbán rischiano di indebolire tutto il progetto europeo, aprendo la strada a una deflagrazione politica e sociale senza precedenti.

    Davanti a questa crisi, l’unica risposta possibile è un rilancio deciso del progetto europeo. Non possiamo permetterci un’Europa paralizzata dai veti nazionali, incapace di rispondere alle sfide globali. Servono politiche comuni in materia di difesa, economia ed energia. Solo con una vera integrazione l’UE può sperare di resistere alle tempeste geopolitiche.

    E non c’è solo la politica. L’Europa ha una missione storica: guidare la transizione ecologica. Il Green Deal non è solo un piano ambientale, ma una strategia per l’indipendenza energetica e la sicurezza economica. Investire in rinnovabili significa sottrarsi al ricatto dei regimi autoritari, garantire posti di lavoro e creare un futuro sostenibile.

    La retorica del bivio è stata spesso utilizzata, ma oggi (non domani o dopodomani) siamo davvero a un punto di svolta. O si trova il coraggio di prendere decisioni forti, di unirsi davvero e di costruire un futuro comune, oppure l’Europa rischia di sgretolarsi sotto il peso delle proprie debolezze.

    La domanda è: avremo il coraggio di reagire prima che sia troppo tardi?

  • Il nostro 2024: un anno di coraggio e speranza

    Il nostro 2024: un anno di coraggio e speranza

    La politica è l’arte del possibile, ma anche la scienza del cuore.”

    Pietro Ingrao

    Che anno è stato? Un anno di coraggio e speranza, segnato da difficoltà e tensioni a livello geopolitico. Un anno che avrebbe potuto ridimensionarci ma che, al contrario, ha rilanciato con forza la nostra azione politica. Un anno in cui il Partito Democratico ha lavorato instancabilmente per costruire un futuro più giusto, solidale e sostenibile per il nostro Paese. Lo abbiamo fatto, come detto, affrontando sfide enormi, sia a livello nazionale che locale, sempre fedeli ai valori della nostra comunità e al mandato di offrire un’alternativa credibile, ideale e costruttiva alla destra che oggi governa l’Italia e molte delle nostre regioni.

    Sotto la guida della nostra segretaria nazionale, Elly Schlein, abbiamo scelto di non limitarci alla protesta, ma di essere una forza propositiva, capace di indicare un’altra strada. Una strada che rimetta al centro la giustizia sociale, i diritti civili, la transizione ecologica e la lotta alle disuguaglianze. In questo 2024, il Partito Democratico ha promosso campagne nazionali fondamentali, che ci hanno visto mobilitati nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università. Abbiamo combattuto per l’introduzione di un salario minimo legale, per difendere il reddito di inclusione e per garantire investimenti pubblici in settori strategici come la sanità, l’istruzione e le infrastrutture verdi. Non ci siamo fermati di fronte ai tentativi della destra di tagliare il welfare e di accentuare le disuguaglianze: abbiamo alzato la voce, ma soprattutto abbiamo presentato soluzioni concrete e attuabili.

    Non meno importante è stato il nostro impegno sul piano dei diritti. Mentre il governo Meloni continua a restringere gli spazi di libertà e a dividere il Paese con una politica identitaria e regressiva, noi abbiamo difeso la dignità di ogni persona, il diritto alla scelta e alla libertà. Abbiamo portato avanti proposte di legge per il matrimonio egualitario, per il contrasto alla violenza di genere e per una nuova legge sulla sicurezza sul lavoro. Questo è il cuore della nostra visione: un’Italia che non lascia indietro nessuno.

    Il 2024 è stato anche un anno di risultati importanti. Alle elezioni europee, il Partito Democratico ha raccolto il 24,1 %, migliorando di 5 punti percentuali il risultato del 2022, ottenendo 21 eurodeputati e diventando così la delegazione più numerosa all’interno del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) al Parlamento Europeo.

    Nei capoluoghi di provincia, siamo riusciti a vincere in molte realtà strategiche, tra le quali Firenze, Cagliari, Bari, Perugia, Potenza, Cremona, grazie a coalizioni ampie e al nostro lavoro sul territorio. Inoltre, le elezioni regionali, con le vittorie in Sardegna, Emilia Romagna ed Umbria, hanno segnato un altro punto di svolta, con la conquista di regioni chiave che ci permettono di incidere in modo concreto sulla vita quotidiana dei cittadini.

    I sondaggi hanno confermato che il Partito Democratico è stato il partito che è cresciuto di più in termini di consenso. Questo è il risultato di una leadership forte e inclusiva, incarnata da Elly Schlein, che ha saputo dare voce a una nuova generazione di elettori e restituire fiducia a chi si era allontanato dalla politica. La sua capacità di unire, ispirare e proporre un futuro diverso ha fatto la differenza, trasformando il nostro partito in un motore di speranza e cambiamento.

    Non possiamo, però, ignorare il contesto globale. Il 2024 è stato segnato da crisi geopolitiche profonde, che ci interrogano come cittadini e come forza politica. La situazione in Ucraina, a Gaza e in Medio Oriente ci richiama al dovere di essere protagonisti di una diplomazia per la pace, una diplomazia che metta al centro il dialogo, il rispetto dei diritti umani e il diritto dei popoli a vivere in sicurezza e dignità. Abbiamo chiesto a gran voce che l’Italia e l’Europa svolgano un ruolo più deciso per fermare le violenze e favorire una soluzione politica duratura, basata su due stati che convivano in pace e sicurezza. Allo stesso tempo, siamo consapevoli che le crisi geopolitiche, dall’Ucraina al Sahel, richiedono un’Europa più forte, unita e solidale, capace di essere un attore globale per la stabilità e la cooperazione internazionale.

    Nel Lazio, la sfida è stata altrettanto intensa. Con la giunta regionale guidata da Rocca, abbiamo assistito a politiche di retroguardia, incapaci di rispondere ai bisogni reali dei cittadini. Il Partito Democratico ha lavorato instancabilmente per offrire un’opposizione seria e credibile, ma anche per costruire un progetto alternativo per il futuro di questa regione. Abbiamo portato avanti battaglie fondamentali sul tema della sanità pubblica, denunciando i tagli e i disservizi, e sul fronte della mobilità sostenibile, proponendo soluzioni per una rete di trasporti regionale più moderna ed efficiente.

    Un momento cruciale per il nostro impegno locale sarà il Congresso provinciale di Frosinone, un appuntamento che rappresenta molto più di una semplice scadenza organizzativa. Sarà l’occasione per ripensare insieme le priorità del territorio, per ascoltare i bisogni della nostra comunità e per costruire un Partito Democratico più radicato, più aperto e più capace di rappresentare le istanze di chi vive in queste aree. A Frosinone, come in ogni altra provincia d’Italia, vogliamo essere il punto di riferimento per chi crede in un futuro migliore.

    La strada è lunga, ma noi siamo determinati. Il Partito Democratico deve essere la casa di chi crede che la politica possa ancora cambiare le cose, di chi non si rassegna all’odio, alla divisione e all’immobilismo. Insieme, si insieme, si può costruire un’Italia più giusta, più verde e più solidale. E lo faremo, passo dopo passo, con il coraggio delle idee e con la forza della nostra comunità.

    Avanti, insieme.

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  • EcoSportivamente 2024: continua il viaggio tra sport e sostenibilità

    EcoSportivamente 2024: continua il viaggio tra sport e sostenibilità

    EcoSportivamente continua il suo viaggio. Anche gli episodi del 2024 hanno offerto uno sguardo sulle connessioni tra sport, sostenibilità e società.

    Ripercorriamo le tappe di questo percorso.

    EcoSportivamente l’intervista a Francesca Clapcich: Believe, Belong, Achieve

    Francesca Clapcich ci ha regalato un’emozionante testimonianza di come lo sport possa essere un mezzo per scoprire sé stessi e contribuire a cause più grandi. Francesca è una velista di fama mondiale, con due Olimpiadi alle spalle (Londra 2012 e Rio 2016) e un coinvolgimento nel progetto Turn the Tide on Plastic durante la Volvo Ocean Race 2017-2018.

    Durante l’intervista, Clapcich ha parlato della potenza del mare e del suo messaggio ambientale. “Navigare non è solo una sfida personale, è un modo per vedere il mondo e capire quanto sia fragile.” Le sue parole hanno evidenziato la necessità di proteggere gli oceani dai danni causati dall’inquinamento plastico, una problematica che ha vissuto in prima persona durante le traversate oceaniche.

    EcoSportivamente l’intervista a Chiara D’Angelo: Lo Sport e lo Sviluppo Psicosociale

    Per la prima volta, EcoSportivamente ha ospitato una psicologa: la dottoressa Chiara D’Angelo. Perché il suo contributo è stato così significativo per il nostro podcast?

    Chiara D’Angelo si occupa principalmente di sport come strumento di sviluppo sociale. Docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, è anche Coordinatrice del Master in “Sviluppo del Talento, Professionalità e Inclusione Sociale nello Sport” e ricercatrice presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

    Ma cosa significa tutto questo in termini concreti? Tradotto per i nostri ascoltatori, i suoi principali ambiti di ricerca riguardano:

    • Il ruolo degli allenatori e manager sportivi, con percorsi formativi volti a migliorare le loro competenze relazionali e di leadership;
    • Lo sviluppo del talento nello sport giovanile, aiutando i giovani a crescere sia come atleti che come persone;
    • Le transizioni di carriera nello sport, come il passaggio dalla carriera junior a quella senior, la gestione del fine carriera e il concetto di “dual career” (combinare sport e istruzione/lavoro);
    • L’inclusione sociale attraverso lo sport, progettando e valutando l’efficacia di programmi che usano lo sport per promuovere coesione sociale, come gli Sport for Development Programs;
    • La crescita professionale degli psicologi nello sport, con focus sulle competenze necessarie per operare efficacemente in questo settore.

    Il suo intervento ci ha fatto riflettere sul grande potenziale dello sport non solo come competizione, ma come strumento di crescita personale e di trasformazione sociale. Una prospettiva che allarga gli orizzonti e ci invita a ripensare il ruolo dello sport nella nostra vita e nella società.

    EcoSportivamente l’intervista a Enzo Favoino: Tra Economia Circolare ed Ice Swimming

    Nell’episodio del 29 novembre, Enzo Favoino, figura chiave nella gestione sostenibile dei rifiuti, ci ha portato in un viaggio unico che intreccia scienza e passione per lo sport. Ricercatore della Scuola Agraria del Parco di Monza e coordinatore scientifico della rete Zero Waste Europe, Favoino ha condiviso anni di esperienza nella raccolta differenziata, riciclo e compostaggio. Ma la sorpresa è arrivata quando ha rivelato la sua passione per l’ice swimming, disciplina estrema che unisce corpo e mente nella sfida delle acque ghiacciate.

    Favoino ha raccontato come questo sport sia per lui una metafora perfetta per la sostenibilità: preparazione, resistenza e rispetto per l’ambiente. L’economia circolare, concetto che promuove, rispecchia questa filosofia. “Come nell’ice swimming, anche nella gestione dei rifiuti bisogna immergersi con consapevolezza e disciplina, ma i risultati sono straordinari”.

    EcoSportivamente : i risultati del 2024

    Questi numeri non sono solo statistiche: sono il segno tangibile di una comunità che cresce, condivide, e crede nei valori della sostenibilità, dello sport, e della transizione ecologica. 

    Il connubio tra sport e sostenibilità non è solo possibile, ma è anche essenziale per costruire un futuro migliore. La crescita del movimento sostenibile nel mondo dello sport, in questi dodici mesi, si è arricchito ulteriormente grazie a iniziative come il protocollo d’intesa firmato tra il CONI e l’ASviS, che rappresenta una svolta importante per la promozione degli Obiettivi dell’Agenda 2030.

    Questo accordo quadriennale punta a integrare i valori della sostenibilità in ogni aspetto delle attività sportive italiane, dalla formazione degli operatori alla gestione ecologica degli impianti, passando per progetti che valorizzano la parità di genere e l’inclusione sociale. In linea con questa visione, lo sport diventa uno strumento potente non solo per migliorare il benessere fisico e mentale, ma anche per abbattere barriere sociali e culturali.

    Questa prospettiva si allinea perfettamente lo spirito di EcoSportivamente con gli sviluppi più recenti nel panorama sportivo italiano: un’ulteriore prova che lo sport può essere il motore di un cambiamento positivo, capace di migliorare la qualità della vita di tutti noi.

  • 25 Aprile 2024

    25 Aprile 2024

    Le generazioni nate negli anni 80 o nell’inizio dei 90 sono cresciute con un’illusione di fondo, errata ma comune, che la storia fosse finita. Questa teoria trova il suo caposaldo nel libro di Francis Fukuyama, edito nel 1992, che si chiama per l’appunto, La fine della storia.  La tesi, che trae origine da una visione hegeliana del concetto di storia, è molto semplice: dopo la caduta del Muro di Berlino, non vi sarebbe stata più un’opposizione tra tesi e antitesi, ma il raggiungimento di una situazione di globale accettazione dei valori occidentali fondati sui diritti umani.

    Quello che è successo negli anni a venire ha dimostrato, invece, che nella Storia non si è fermata. È andata avanti, come normale che fosse. Quell’impostazione culturale, però, ha lasciato degli strascichi evidenti. La trasformazione della società, non più vista come un insieme di moltitudine diverse ma al massimo come la somma di individui e interessi distinti. Eravamo popolo, siamo diventati gente.

    Circa dieci anni fa ho organizzato il mio primo 25 aprile. Era, uno dei primi eventi dell’associazione che avevamo creato. In tanti ci guardavano un po’ sorpresi della nostra scelta: un’associazione di giovani che si occupa della festa di liberazione. A molti, incredibilmente, sembrava anacronistico accendere i fari proprio su questa tematica. Succede però che in questi dieci anni, il mondo e la storia accelerano repentinamente su quei binari che un decennio fa si intravedevano come foschi presagi ma che adesso diventano realtà. Realtà a cui ci stiamo abituando, come la famosa storia della rana con la pentola, ma che spaventa per la sua brutalità. Avremmo mai pensato nel nostro recente passato di aprire i giornali e leggere di cronache di guerra quotidianamente in Europa? Di minacce nucleari sulle nostre città? Di brutali attentati terroristici e di repressioni alimentate dalla voglia di sangue generalizzata e non sul sacrosanto concetto di sicurezza di uno stato?

    25 Aprile 2024: ribadire l’essenziale

    Se questo è il piano internazionale, quello nazionale vede protagonisti politiche che non riescono a pronunciare la parola “antifascista”. Antifascismo che è il fondamento della Costituzione sulla quale hanno giurato. Allora non bisogna andare troppo oltre. Bisogna ripartire dalle basi. Dai concetti semplici: l’antifascismo è divisivo solo se si è fascisti. Non stiamo giocando nessun derby. Il movimento della Resistenza era formato da studenti universitari e persone comuni con la terza elementare, dalla classe dirigenti ma anche dagli agricoltori delle periferie, dai comunisti, dai liberali, dai democristiani, dai socialisti, persino dai monarchici e dagli ex sergenti dell’esercito.  Ripetere. Riaffermare. Non dare per scontato ciò che adesso non lo è. Almeno per Tanti. Non giudicare ma dimostrare che esiste un’alternativa in cui questi valori trovano applicazione. Senza retorica, non serve, ma con una preziosa e paziente perseveranza.  Chi controlla il passato, controlla il futuro scriveva George Orwell. E noi, nel recente passato l’abbiamo persa questa sfida. In una miriade di luoghi comuni e facili slogan, la realtà storica del passato è stata svilita, camuffata, fino a rendere opinione soggettiva ciò che invece era oggettivo.

    Ora, non è il tempo di alzare vessilli su questa data. C’è la necessità, invece, di ribadire come questa sia la festa di tutti gli italiani che si riconoscono nella nostra Repubblica, nata dal sacrificio di tante e tanti. Noi, per onorare quel sacrificio dobbiamo essere capaci di far rientrare nel cuore e nella carne viva della quotidianità i valori della Resistenza, un tempo universalmente condivisi.

    Buona Festa della Liberazione!

    W l’Italia. W l’Italia Liberata!

    Ora e Sempre, Resistenza!

  • Discarica di Roccasecca: il Pd provinciale dice no!

    Discarica di Roccasecca: il Pd provinciale dice no!

    In queste settimane è tornata prepotentemente alla ribalta un’ipotetica riapertura della Discarica di Roccasecca. Lo Stesso Presidente della Regione, Francesco Rocca, non ha smentito la vicenda, anzi ha ammesso che è una possibilità molto concreta.

    Come responsabile Conversione ecologica, clima, green economy e agenda 2030 Federazione di Frosinone, esprimo come ho sempre fatto nel corso di questi anni la mia più assoluta contrarietà al progetto.

    Quando si parla di apertura del V Bacino a Roccasecca parliamo di un progetto nato addirittura nel 2015, un’era geologica fa, e anacronistico già a quei tempi. In passato, l’iter autorizzativo oltre al deciso no del Comune di Roccasecca, dei comuni limitrofi e delle associazioni ambientaliste, ha visto il parere contrario del Ministero dei Beni Culturali e al Tar della stessa Provincia di Frosinone.  L’ampliamento interessa un’area pari circa a 3 campi da calcio e di una capacità complessiva pari a 404.550 t di rifiuto. Per dare un termine di paragone, la Regione Lazio nel precedente piano regionale aveva stimato come conferimento in discarica per la Provincia di Frosinone, nel periodo 2021-2025, in 200.000 tonnellate.

    Discarica Provinciale: la Posizione della Federazione di Frosinone

    La posizione della Federazione di Frosinone è chiara ed in linea con la direzione presa senza indugio dal Partito a livello nazionale. Quello che, invece, non riusciamo a comprendere è come la Regione, governata da Rocca, intende gestire il ciclo dei rifiuti nel Lazio e in questa Provincia. Mi sembra, inoltre, del tutto evidente che prima di aprire l’argomento discariche nel nostro comprensorio, bisognerebbe quanto meno conoscere l’idea del Governatore e della sua giunta riguardo l’individuazione e il dimensionamento impiantistico degli ATO.

    Approcciare al ciclo dei rifiuti, partendo unicamente dall’argomento discariche significa l’inversione naturale del processo. Si parte dalla fine e non dall’inizio. Personalmente, resto convinto di un ciclo dei rifiuti al servizio del territorio: definito su base provinciale, basato su impianti piccoli, in grado di favorire il riciclo e il riutilizzo, naturale evoluzione della crescita percentuale della raccolta differenziata.

    Mi auguro, inoltre, che il lavoro iniziato dalla Provincia di Frosinone per l’individuazione delle aree idonee per la costruzione della nuova discarica provinciale, possa trovare il suo epilogo, in maniera rapida ed efficace.

    Ascoltare i circoli, per una politica ambientale nuova

    La nostra intenzione è quella di riunire al più presto i circoli del Pd, limitrofi l’impianto e renderli protagonisti dell’elaborazione politica su questi argomenti. Noi, senza rincorrere populismi, vogliamo portare la transizione ecologica sul territorio, lavoriamo per una gestione moderna, efficace ed efficiente del ciclo dei rifiuti e pretendiamo da chi ha la responsabilità del Governo il massimo impegno a ricercare soluzioni alternative e veramente sostenibili, tenendo in considerazione i territori che nel corso di questi anni, con immensa responsabilità, hanno già dato.

    Umberto Zimarri- Responsabile Conversione ecologica, clima, green economy e agenda 2030 Federazione di Frosinone

    Rassegna Stampa

    Rifiuti, discarica di Roccasecca: il Pd contro la possibile riapertura. Dura presa di posizione


    https://www.radiocassinostereo.com/roccasecca-fr-zimarri-pd-si-lavori-alla-transizione-ecologica-altro-che-riaprire-la-discarica/


    https://www.frosinonetoday.it/politica/rifiuti-pd-no-riapertura-discarica-roccasecca.html
    https://www.tunews24.it/2024/03/17/rifiuti-dal-pd-provinciale-un-secco-no-alla-riapertura-della-discarica-di-roccasecca/


    https://www.unoetre.it/2024/03/16/la-discarica-di-roccasecca-verra-riaperta/

  • Le bugie del governo: un Bluff che sta riuscendo male

    Le bugie del governo: un Bluff che sta riuscendo male

    La verità è che le bugie del governo non riescono a coprire un bluff che sta riuscendo particolarmente male. Mancava il grande classico. La riforma istituzionale. L’unica grande certezza quando le promesse elettorali si scontrano con la dura realtà dei fatti. L’operazione nel corso di questi anni è stata ribattezzata in diversi modi. La Premier, nel suo stile, l’ha sparata grossa: la madre di tutte le riforme. Non sappiamo se la riforma prenderà anche gli appellativi di donna e cristiana. Come ha prontamente sottolineato il Professor Andrea Pertici, “è una riforma che unisce i flop di Berlusconi e Renzi. Non si capisce bene cosa sia. Perché se fosse presidenzialismo si potrebbero muovere delle critiche almeno capendo di cosa si parla. Qui si va verso l’elezione diretta del Premier. Non so come lo chiameranno ma è certamente un modello inesistente sia nella teoria, sia nella pratica.”

    Così, mentre i rappresentanti del Governo hanno blaterato, un giorno sì e un giorno pure, sulle questioni della natalità in maniera medievale più che ottocentesca, aumentavano l’iva per latte, pannolini e altri beni di prima necessità. Parti da incendiario dicendo di voler fare la guerra alle banche e ai poteri forti (cit) finisci per farla al latte in polvere.

    Il famigerato taglio del cuneo fiscale, inoltre, non è una misura strutturale (come doveroso) ma risulta fragile e temporanea. Un anno e pensate un po’ la misura si alimenta con le accise sui tabacchi.

    La beffa è doppiamente amara e dietro l’angolo per i residenti nel Lazio. La Giunta di centro-destra destra (la ripetizione non è un errore) ha appena approvato una manovra regionale dall’effetto esattamente che colpisce il ceto medio. Lo scorso anno, l’amministrazione Zingaretti aveva approvato uno sconto sull’addizionale Irpef dal 3,33% all’1,73% per i redditi tra 15mila e 35mila euro. Rocca non è stato capace di trovare i 300 milioni necessari per rifinanziare la misura. Il risultato è particolarmente beffardo per chi dichiara più di 32mila euro, in quanto vedrà il proprio stipendio diminuire anziché aumentare.

    Le chiamavano misure contro l’inflazione.

    A proposito di promesse mancate, è sintomatico quanto accaduto sulle pensioni. Strali social e invettive contro la Fornero per un decennio per poi tagliare le pensioni ai dipendenti pubblici, ristringendo i requisiti per uscire dal mondo del lavoro, in particolar modo per le donne.

    Chiude il quadro terrificante il taglio alla sanità pubblica. Le stesse regioni governate dal centro-destra chiedono almeno il 7.5% del Pil.  L’emergenza Covid) non ci ha insegnato nulla: si osteggia la sanità di prossimità. Si colpisce in maniera scientifica il pubblico per avvantaggiare il privato. Escludendo dalle cure milioni di persone, meno abbienti, alle prese con tempi e liste di attesa kilometriche.

    Questi sono i veri motivi del rilancio del tema istituzionale: metterla in “caciara” nascondendo la polvere delle mancanze sotto il tappetto magari continuando addossando le responsabilità agli ultimi, magari continuando a realizzare accordi disumani nel globo terracqueo.

  • PD Frosinone: la nascita di una nuova rete

    PD Frosinone: la nascita di una nuova rete

    Il miglior risultato per la lista “Leodori a Sinistra” è quello della Provincia di Frosinone. Saranno ben cinque, infatti, i nostri rappresentanti in Assemblea Regionale: Valentina Adiutori, Maurizio Bondatti, Stefania Timi, Cristian Scarfagna, Patrizio Abatecola. Vinciamo in quindici comuni, tra cui citando i maggiori, Cassino, Ferentino, Anagni, Pontecorvo e Paliano. Per molti osservatori disattenti questo dato potrebbe rappresentare una sorpresa, per noi, invece, è una conferma perché eravamo perfettamente consapevoli del valore delle candidate e dei candidati, così come conosciamo il valore della nostra rete, fatta di persone che si adoperano quotidianamente, con la testa e con il cuore, per risolvere i problemi dei cittadini del territorio.

    Facciamo gli auguri di buon lavoro al neo segretario regionale Daniele Leodori che avrà il compito di guidare il Partito Democratico nella Regione Lazio. Siamo certi che lo svolgerà con saggezza e capacità, rilanciando la comunità democratica.

    Ringraziamo, ovviamente, gli oltre 3700 elettori che ci hanno concesso, recandosi ai gazebo, la loro fiducia. Un enorme grazie va ai volontari che in una calda domenica di giugno hanno permesso lo svolgimento di questa giornata di democrazia. Un sincero abbraccio lo rivolgiamo a tutti i candidati/e della lista che con coraggio, umiltà, generosità e passione hanno accettato a viso aperto questa sfida, rappresentando nel concreto l’idea politica che ha animato questo progetto: essere il motore del rinnovamento del Partito, lavorare per dare risposte concrete sulle tematiche che incidono sulla vita delle persone, far emergere con nettezza un profilo alternativo alla destra in tutte le sue forme, civica e partitica, rappresentare circoli che in questi anni si sono sentiti completamente esclusi dalle decisioni.

    Il Partito Democratico deve essere capace di valorizzare le differenze, di sviluppare una dialettica interna non rivolta allo scontro di potere ma alla costruzione politica e programmatica. Per raggiungere questo obiettivo, però, il Pd deve essere uno spazio politico in cui ogni tesserato si sente a casa propria e non ospite, semplicemente perché non esiste alcun padrone di casa.

    Ora, abbiamo una priorità: non disperdere questo patrimonio politico e umano che abbiamo costruito nelle primarie nazionali e regionali. Da questa base dobbiamo partire per fare azione politica, mettendo a terra progetti ed idee, dal nord al sud della provincia. Per questo motivo definiremo nelle prossime settimane un incontro in cui inviteremo tutte le protagoniste e i protagonisti di queste avventure per progettare insieme il futuro.

  • 25 Aprile: la nostra storia

    25 Aprile: la nostra storia

    Quando la Professoressa di Storia, al Liceo, ci ha spiegato la Resistenza ha insistito su un punto: la pluralità delle anime dei partigiani e partigiane: comunisti, socialisti, cattolici, azionisti e liberali.

    In quel frangente, in tutta onestà, non riuscivo a comprendere perché fosse così cruciale quell’aspetto. Quando hai 18 anni, vedi tutto senza compromessi e solitamente si intende il mondo senza sfumature. Da una parte i nazifascisti. Dall’altra noi. Nel senso delle persone democratiche. Perché alla fine concentrarsi su quelle che sembravano sfumature?

    Con il passare degli anni ho capito perfettamente la motivazione e non posso che ringraziarla di quella lezione. Una delle caratteristiche del movimento di Liberazione italiano era proprio quello: la pluralità. Persone con diverse idee di che si univano, rischiando la vita, per consegnare alle future generazioni un’Italia democratica e antifascista. Il 25 Aprile, dunque, è la data in cui gli italiani che credono nei valori della carta costituzionale si riconoscono e festeggiano. Festeggiano la fine della dittatura e la bellezza della libertà.

    Oggi molti di quelli che ci governano e hanno giurato su una costituzione antifascista ritengono invece che questa sia una festa divisiva. Si Blatera di pacificazione, perché in fondo in fondo si immagina un nuovo modello istituzionale e si prova a riscrivere la verità sul passato, mischiando in maniera meschina storia e memoria.

    Come ha ricordato una bella ed efficace campagna dell’Arci, in collaborazione con Testi Manifesti, il 25 Aprile è divisivo se sei fascista, se sei razzista, se sei revisionista, sei indifferente. Se non ti riconosci insomma nei valori della Nostra Repubblica. Non c’è molto altro da aggiungere.

    Resistere in questi tempi non è solo un dovere ma una necessità, perché come tante/tanti nel passato ci hanno detto, nessuna conquista è per sempre perché ci sarà qualcuno pronto a togliercela.

    L’altro aspetto davvero emozionante quando penso a questa giornata è che il riscatto della nostra nazione sia nato dalle persone comuni e giovanissime. Donne e uomini che avevano poco altro, se non la vita e la dignità, hanno ridato l’orgoglio alla nostra patria, dopo anni di vergogna e torture,  loro sì da veri patrioti,  scegliendo volontariamente da che parte stare.

    Combatterono per la libertà di tutti, per quelli che erano con loro e per quelli che erano contro. Oggi è al potere c’è chi non riesce a riconoscere il valore di quel sacrificio fisico e morale. Chiedevano solo una cosa alle future generazioni: mantenete saldi quei valori per i quali noi stiamo andando a morire.  Tenere viva, luminosa, grande e bella l’idea. “E vorrei che quei nostri pensieri/quelle nostre speranze di allora/rivivessero in quel che tu speri”

    Questa giornata non sarà mai morta, perché non parliamo di retorica e di pensieri vuoti. Ieri, oggi e domani sono legati ed il legame  sono proprio le nostre azioni quotidiane. Festeggiare il 25 Aprile non sarà mai vano: sarà sempre il nostro modo per schierarci contro le ingiustizie, contro le dittature, contro i fascismi vecchi e nuovi, per la pace e la dignità delle persone.