È con profonda tristezza che il mondo dice addio a José “Pepe” Mujica, l’ex presidente dell’Uruguay che ha lasciato un’impronta indelebile non solo nella storia del suo paese, ma nella coscienza collettiva globale. Un uomo che ha trasformato la semplicità in una rivoluzione e la sua vita in un potente messaggio per l’umanità.
Uno dei pochi politici capaci di incarnare fino in fondo una filosofia di vita radicata nella coerenza, nella sobrietà, nella libertà.
Jose “Pepe” Mujica: Il rivoluzionario diventato statista
Il percorso di Mujica è stato straordinario quanto improbabile. Da guerrigliero Tupamaro a prigioniero politico fino a diventare presidente di quella stessa nazione che lo aveva imprigionato. Ma ciò che lo ha reso davvero unico è stato il rifiuto di trasformarsi in ciò contro cui aveva combattuto.
Durante la sua presidenza (2010-2015), mentre altri leader mondiali vivevano nei palazzi del potere, Mujica continuava ad abitare nella sua modesta fattoria alla periferia di Montevideo, guidava una vecchia Volkswagen Maggiolino e donava il 90% del suo stipendio presidenziale. Non era una strategia di comunicazione, ma l’autentica espressione di una filosofia di vita che ha definito “l’austerità che libera”. Quando parlava, ogni parola sembrava un seme lanciato nella terra dell’umanità, nella speranza che qualcosa – un pensiero, un dubbio, una ribellione – potesse germogliare.
La rivoluzione della sobrietà
“La mia forma mentis è quella di un contadino vecchio stile”, amava ripetere. Eppure, da questo apparente anacronismo, Mujica ha estratto una saggezza profondamente attuale. In un mondo ossessionato dal consumo compulsivo, la sua voce roca ricordava che “essere poveri non è avere poco, ma desiderare infinitamente di più”.
La sua critica al modello di sviluppo globale non era ideologica ma esistenziale: “Abbiamo inventato un modello di civilizzazione dove stiamo sacrificando la vita al consumo. La vera libertà non è possedere, ma avere tempo.
Vi pongo una domanda: cos’è la libertà? La mia definizione casereccia, da vecchio, è la seguente: sono libero quando spendo il tempo della mia vita in ciò che mi piace. Per uno sarà una cosa, per un altro un’altra, ma finché dovrò lottare per i bisogni materiali, per sostenere la mia vita, non sarò libero, sarò sottomesso alla legge della necessità.
Quando faccio con il tempo della mia vita quel che mi piace – dormire sotto un albero, giocare a calcio, leggere un romanzo o ascoltare un concerto, è un fatto personale – allora sono me stesso, mentre non lo sono quando resto sottomesso alla legge della necessità. Pertanto posso aumentare la mia libertà avendo maggior quantità di tempo, così da spendere parte della mia vita nelle cose che mi motivano. Se dunque lasciamo astratto il concetto di libertà, non riusciamo a trasmettere la battaglia personale che tutto questo implica.
Credo che gli esseri umani, essendo animali sociali, debbano lavorare e dare un apporto alla società in cui ci è toccato vivere, altrimenti sarebbero parassiti. La nostra vita, però, non è stata fatta solo per lavorare, è stata fatta per vivere, cosa per cui è necessario avere tempo da impegnare in quello che c’è di fondamentale: tempo per gli amici, tempo per l’amore, tempo per l’avventura. Perché? Perché l’orologio della vita scorre e il tempo scivola via.
Credo che possiamo guarire la nostra civiltà solo cercando di dare risposta a tali questioni. Non chiediamoci al mercato di risolverle, non è stato fatto per questo. È piuttosto una questione d’organizzazione umana e, come tale, un tema per la politica più alta.
Durante il suo mandato ha promosso politiche progressiste che hanno fatto dell’Uruguay un laboratorio di diritti civili: dalla legalizzazione della marijuana alla regolamentazione dell’aborto e del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ma il suo vero contributo è stato molto più profondo: ha dimostrato che si può governare senza rinunciare all’umanità, ai propri valori e alla propria autenticità.
Il Presidente Mujica: le politiche e la visione
Nel panorama politico contemporaneo, dominato da tecnocrati distanti dalla realtà quotidiana o da populisti che sfruttano le paure collettive, Mujica ha rappresentato una terza via: quella dell’autenticità. “Il potere è come bere da un bicchiere d’acqua. Se è troppo grande, ti cade dalle mani”, ammoniva.
La sua presidenza ha dimostrato concretamente che un’altra politica è possibile – una politica che non si fonda sulla manipolazione ma sul dialogo sincero, non sulla contrapposizione ma sulla ricerca del bene comune. Mujica ha trasformato la vulnerabilità in forza, ammettendo pubblicamente i propri errori e limiti: “Non sono un messia, sono pieno di difetti, come tutti”.
In un’epoca in cui i politici tendono a presentarsi come esseri infallibili, la sua onestà intellettuale rappresentava una ventata d’aria fresca. Non offriva soluzioni miracolose, ma invitava a una riflessione collettiva: “Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso pensiero che li ha creati”.
Il suo approccio alla politica rifiutava la logica del “noi contro loro” per abbracciare una visione inclusiva: “Non odio i ricchi, ma mi domando fino a quando continueremo ad accumulare a spese degli altri”. In un mondo polarizzato, la sua capacità di dialogare con tutti senza compromettere i propri principi resta un esempio raro e prezioso.
Un uomo del suo tempo e oltre il suo tempo
Guardando alla sua vita straordinaria, ciò che colpisce di più è come un uomo nato in una famiglia di contadini poveri, che ha attraversato alcune delle pagine più buie della storia latinoamericana, sia riuscito a emergere non con risentimento ma con saggezza, non con sete di vendetta ma con un messaggio di moderazione e umanità.
In un’epoca di politica polarizzata, di discorsi infuocati e di promesse grandiose, Mujica ha ricordato il valore della semplicità, dell’onestà e della coerenza. Ha dimostrato che si può essere rivoluzionari senza violenza, radicali senza estremismo, e che la più grande forma di leadership è quella che riconosce la propria comune umanità.
Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo sui social e aiutaci a far conoscere il blog. Scopri altri approfondimenti su “Quaderni Politici”
Lascia un commento