25 Aprile 2024

Le generazioni nate negli anni 80 o nell’inizio dei 90 sono cresciute con un’illusione di fondo, errata ma comune, che la storia fosse finita. Questa teoria trova il suo caposaldo nel libro di Francis Fukuyama, edito nel 1992, che si chiama per l’appunto, La fine della storia.  La tesi, che trae origine da una visione hegeliana del concetto di storia, è molto semplice: dopo la caduta del Muro di Berlino, non vi sarebbe stata più un’opposizione tra tesi e antitesi, ma il raggiungimento di una situazione di globale accettazione dei valori occidentali fondati sui diritti umani.

Quello che è successo negli anni a venire ha dimostrato, invece, che nella Storia non si è fermata. È andata avanti, come normale che fosse. Quell’impostazione culturale, però, ha lasciato degli strascichi evidenti. La trasformazione della società, non più vista come un insieme di moltitudine diverse ma al massimo come la somma di individui e interessi distinti. Eravamo popolo, siamo diventati gente.

Circa dieci anni fa ho organizzato il mio primo 25 aprile. Era, uno dei primi eventi dell’associazione che avevamo creato. In tanti ci guardavano un po’ sorpresi della nostra scelta: un’associazione di giovani che si occupa della festa di liberazione. A molti, incredibilmente, sembrava anacronistico accendere i fari proprio su questa tematica. Succede però che in questi dieci anni, il mondo e la storia accelerano repentinamente su quei binari che un decennio fa si intravedevano come foschi presagi ma che adesso diventano realtà. Realtà a cui ci stiamo abituando, come la famosa storia della rana con la pentola, ma che spaventa per la sua brutalità. Avremmo mai pensato nel nostro recente passato di aprire i giornali e leggere di cronache di guerra quotidianamente in Europa? Di minacce nucleari sulle nostre città? Di brutali attentati terroristici e di repressioni alimentate dalla voglia di sangue generalizzata e non sul sacrosanto concetto di sicurezza di uno stato?

25 Aprile 2024: ribadire l’essenziale

Se questo è il piano internazionale, quello nazionale vede protagonisti politiche che non riescono a pronunciare la parola “antifascista”. Antifascismo che è il fondamento della Costituzione sulla quale hanno giurato. Allora non bisogna andare troppo oltre. Bisogna ripartire dalle basi. Dai concetti semplici: l’antifascismo è divisivo solo se si è fascisti. Non stiamo giocando nessun derby. Il movimento della Resistenza era formato da studenti universitari e persone comuni con la terza elementare, dalla classe dirigenti ma anche dagli agricoltori delle periferie, dai comunisti, dai liberali, dai democristiani, dai socialisti, persino dai monarchici e dagli ex sergenti dell’esercito.  Ripetere. Riaffermare. Non dare per scontato ciò che adesso non lo è. Almeno per Tanti. Non giudicare ma dimostrare che esiste un’alternativa in cui questi valori trovano applicazione. Senza retorica, non serve, ma con una preziosa e paziente perseveranza.  Chi controlla il passato, controlla il futuro scriveva George Orwell. E noi, nel recente passato l’abbiamo persa questa sfida. In una miriade di luoghi comuni e facili slogan, la realtà storica del passato è stata svilita, camuffata, fino a rendere opinione soggettiva ciò che invece era oggettivo.

Ora, non è il tempo di alzare vessilli su questa data. C’è la necessità, invece, di ribadire come questa sia la festa di tutti gli italiani che si riconoscono nella nostra Repubblica, nata dal sacrificio di tante e tanti. Noi, per onorare quel sacrificio dobbiamo essere capaci di far rientrare nel cuore e nella carne viva della quotidianità i valori della Resistenza, un tempo universalmente condivisi.

Buona Festa della Liberazione!

W l’Italia. W l’Italia Liberata!

Ora e Sempre, Resistenza!

25 Aprile: la nostra storia

Quando la Professoressa di Storia, al Liceo, ci ha spiegato la Resistenza ha insistito su un punto: la pluralità delle anime dei partigiani e partigiane: comunisti, socialisti, cattolici, azionisti e liberali.

In quel frangente, in tutta onestà, non riuscivo a comprendere perché fosse così cruciale quell’aspetto. Quando hai 18 anni, vedi tutto senza compromessi e solitamente si intende il mondo senza sfumature. Da una parte i nazifascisti. Dall’altra noi. Nel senso delle persone democratiche. Perché alla fine concentrarsi su quelle che sembravano sfumature?

Con il passare degli anni ho capito perfettamente la motivazione e non posso che ringraziarla di quella lezione. Una delle caratteristiche del movimento di Liberazione italiano era proprio quello: la pluralità. Persone con diverse idee di che si univano, rischiando la vita, per consegnare alle future generazioni un’Italia democratica e antifascista. Il 25 Aprile, dunque, è la data in cui gli italiani che credono nei valori della carta costituzionale si riconoscono e festeggiano. Festeggiano la fine della dittatura e la bellezza della libertà.

Oggi molti di quelli che ci governano e hanno giurato su una costituzione antifascista ritengono invece che questa sia una festa divisiva. Si Blatera di pacificazione, perché in fondo in fondo si immagina un nuovo modello istituzionale e si prova a riscrivere la verità sul passato, mischiando in maniera meschina storia e memoria.

Come ha ricordato una bella ed efficace campagna dell’Arci, in collaborazione con Testi Manifesti, il 25 Aprile è divisivo se sei fascista, se sei razzista, se sei revisionista, sei indifferente. Se non ti riconosci insomma nei valori della Nostra Repubblica. Non c’è molto altro da aggiungere.

Resistere in questi tempi non è solo un dovere ma una necessità, perché come tante/tanti nel passato ci hanno detto, nessuna conquista è per sempre perché ci sarà qualcuno pronto a togliercela.

L’altro aspetto davvero emozionante quando penso a questa giornata è che il riscatto della nostra nazione sia nato dalle persone comuni e giovanissime. Donne e uomini che avevano poco altro, se non la vita e la dignità, hanno ridato l’orgoglio alla nostra patria, dopo anni di vergogna e torture,  loro sì da veri patrioti,  scegliendo volontariamente da che parte stare.

Combatterono per la libertà di tutti, per quelli che erano con loro e per quelli che erano contro. Oggi è al potere c’è chi non riesce a riconoscere il valore di quel sacrificio fisico e morale. Chiedevano solo una cosa alle future generazioni: mantenete saldi quei valori per i quali noi stiamo andando a morire.  Tenere viva, luminosa, grande e bella l’idea. “E vorrei che quei nostri pensieri/quelle nostre speranze di allora/rivivessero in quel che tu speri”

Questa giornata non sarà mai morta, perché non parliamo di retorica e di pensieri vuoti. Ieri, oggi e domani sono legati ed il legame  sono proprio le nostre azioni quotidiane. Festeggiare il 25 Aprile non sarà mai vano: sarà sempre il nostro modo per schierarci contro le ingiustizie, contro le dittature, contro i fascismi vecchi e nuovi, per la pace e la dignità delle persone.

Buon 25 Aprile

25 Aprile, il Natale della democrazia per un Paese intero. Suona diversa questa data in questo 2020 forse perché abbiamo vissuto anche noi per la prima volta una reale privazione della libertà. Abbiamo capito cosa significa non poter fare quello che si desidera. Questo virus ha colpito principalmente i testimoni diretti di quel drammatico periodo storico per questo cresce ancor di più la responsabilità collettiva di ogni cittadino italiano nella cosidetta “Memoria attiva”: ricordare non per retorica ma per difendere e trasmettere.  La memoria non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco.

Ha un sapore diverso questo 25 aprile: abbiamo riscoperto l’importanza del pubblico, del sociale e della socialità. Sentirete tanti parlare di libertà, in varie salse, pochi parlare di liberazione. A chi dice che è un giorno divisivo possiamo ricordare semplicemente che divide chi crede nell’Italia Repubblicana da chi sostiene un regime antidemocratico. Abbiamo vinto noi e sei diventato senatore; se aveste vinto voi io sarei morto o in galera, ricordava perfettamente Foa. Provate a dire ad un francese che il 14 luglio sia retorico, vedete cosa vi risponderà.  

Cosa significa oggi il 25 aprile: significa essere senza se e senza ma contro gli Orban, i Trump e i Bolsonaro, significa credere in uno sviluppo diverso e realmente sostenibile, significa pretendere per tutti un lavoro dignitoso e pretendere che nessuno muoia sul posto di lavoro, significa credere nella solidarietà tra popoli. Significa essere umani, Significa lottare per un mondo più giusto. Significa percorrere i sentieri tracciati con chiarezza dalla Costituzione italiana. Significa sognare un mondo migliore per noi e per chi verrà dopo di noi. Come ci hanno insegnato tanti anni fa, lassù in montagna.

Buon 25 Aprile